Bello.
Ci sono nomi, nella moda, che sono stati pressochè dimenticati.
I francesi hanno cercato di porre rimedio a questi oblii, grazie a operazioni di ripescaggio (o riesumazione) più o meno riuscite. Pensiamo a Worth, Lanvin, Vionnet..
In Italia la questione non è stata mai toccata, in parte perchè la moda italiana ha una storia decisamente più breve di quella francese e in buona parte perchè, credo, non ci sia mai stato un effettivo interesse per la storia della moda, e quindi per la sua valorizzazione. Anche in termini economici.
Pensiamo solo al Museo Fortuny, a Venezia, rimasto chiuso per un tempo infinito per ristrutturazione e che ancora stenta a trovare una collocazione che gli renda giustizia. D’altronde, chi, a parte gli studiosi di moda, sa chi era Mariano Fortuny?
Ma ora vorrei parlare di un’altra creatrice di moda, che pure proseguì il lavoro di Fortuny in termini ancora più significativi: Maria Monaci Gallenga.
Chi?? Diranno i più. Ecco la riprova di ciò che scrivevo sopra…
Urge una breve biografia. Maria Monaci Gallenga è contemporanea di Madeleine Vionnet, partecipa alla Secessione Romana del 1913; nel 1915 espone a San Francisco e successivamente al Metropolitan di New York, poi ad Amsterdam (1922) e a Parigi (1925). Partecipa alla Biennale di Venezia nel 1924. Nel 1925 fa parte dell’ E.N.A.P.I. (Ente naz. per l’artigianato e la piccola industria). Nel 1925 è presente nell’Esposizione internazionale delle Arti Decorative e nello stesso anno apre la Bottega Italiana a Roma, una via di mezzo tra boutique e galleria d’arte.
Come spesso capita, i nostri talenti sono più facilmente riconosciuti all’estero che in patria, e infatti in America sanno benissimo chi era la Gallenga, tanto che i suoi abiti sono tutt’ora esposti a NYC, ma d’altra parte sono esposti anche al Kyoto Costume Institute in Giappone. D’altronde con un curriculum come il suo c’è poco da stupirsi..
La Gallenga già all’inizio del ‘900 aveva posto mano alla creazione di uno stile italiano autonomo e ben riconoscibile rispetto a quello francese. Tanto che, proprio per rimarcare questo tratto, coraggiosamente e in modo incredibilmente lungimirante, nel 1928 aprì proprio a Parigi la Boutique Italienne.
Una storia di donne, di quelle che vanno dritte al punto.
Poi i venti di guerra e l’autarchia spazzarono via tutto, fino agli anni ’70, quando Umberto Tirelli rilevò in blocco tutto il preziosissimo archivio Gallenga.
Non un museo o un ente pubblico, no, ancora una volta un privato.
Così a noi, miseri mortali, non è concesso godere di questo pezzo di storia; ma non è colpa di Tirelli, immagino, piuttosto del fatto che non esistano strutture destinate a questo uso e personaggi pubblici che ritengano utile spendere qualche energia per questo scopo.
La moda non è sinonimo di cultura in Italia.