Brutto.
Nei periodi di eventi canonici (sfilate, biennali, ecc.) si assiste alla migrazione in massa di quelli che io chiamo i martiri dell’immagine. Coloro che per professione o pseudo-tale si occupano di moda e dintorni. Quelli che, per intenderci, quando gli chiedi -cosa fai nella vita- ti rispondono immancabilmente: -mi occupo di stile-.
Che siano giornalisti, aspiranti designers, rappresentanti di abbigliamento, blogger, negozianti, parrucchieri o millantatori poco importa, loro fanno moda. Loro sono “costretti” a sorbirsi i saloni sotto la canicola di Giugno o correre da una sfilata all’altra (posto standing di solito, ma questo non lo dicono) con l’immancabile tacco 15 + plateau e contro-plateau o comunque una bardatura di tutto rispetto. Vuoi mica che Schuman si perda l’ultima mise! Essere immortalati dai blogger di tendenza o nei siti dei meglio vestiti è in effetti a queste latitudini il premio più ambito. E poi diciamocelo, a questi eventi ormai si va più per farsi guardare che per guardare.
Ma c’è un altro sollazzo, ben più subdolo, che attira questo nutrito gruppo: la finto-lamentela sui social network. Non perdono occasione per raccontarvi quanto sia stato stancante l’ultimo vernissage da Armani o la scapicollata in taxi per non perdersi neanche un minuto della sfilata dello stilista di grido. Per non parlare delle code in aeroporto per andare a guardare la settimana della moda di Dubai.. Ci godono un sacco a farsi belli e si vede da lontano, ma loro imperterriti fanno finta di essere tanto stressati e di non poterne davvero più…
Questo post è per voi, martiri con la coda di paglia, per dirvi che fate ridere.