Brutto?
Se negli anni ’60 la cosiddetta rivoluzione dei pavoni aveva un significato dirompente perchè nuovo era il mondo a cui si affacciavano, oggi i moderni piumati provvisti di ruota al seguito mi lasciano interdetta per la vacuità di cui fanno sfoggio.
Non si sottrae alcuno: giornalisti noti e meno noti, amatori del gossip, frequentatori abituali del fashion-universe, buyers o compratori all’ingrosso, fotografi per professione o per passione, blog-addicted e financo passanti occasionali.
Ognuno di loro ha in serbo una ‘visione’ del guardaroba del moderno dandy. Fanno furore le barbe, i papillon e le giacchine striminzite, così come le caviglie in bella vista e le borse a mano. Ma in fondo non c’è nulla che sia veramente out, basta l’atteggiamento giusto, la posa indifferente, l’aria indaffarata o svagata.
La schiera dei giornalisti si distingue per quel piglio un po’ blasè, un classico rivisitato con tocchi di altri tempi, che fa tanto nouvelle intellectuelle. Qualcuno si rivolge alla sfera mistica: tessuti ruvidi come cilici e aplomb monacale, di solito azzimati come scolaretti. Mentre i fashionistas accaniti sfoggiano colori accesi e un’estetica decisamente più queer. Sono i più coraggiosi (hanno meno da perdere), ma anche quelli che più facilmente scivolano fuori dal giro. Riconoscibili per il troppo voler fare, tanto da essere tacciati per quelli che arraffano a casaccio dall’armadio.
Poi ci sono i fotografi e i blogger muniti di obiettivo, che spiccano per falsa nonchalance con i loro abiti stropicciati a dovere, molto street, un poco sport, temo anche un po’ puzzolenti (ma è tutto calcolato).
Nessuno di loro inventa davvero qualcosa per il piacere di rompere le righe. Si fanno immortalare con sicuro autocompiacimento, a volte sornione, a volte evidente. Pubblicano volentieri questi scatti ‘rubati’, come stellette al valore. Ma di quale valore si tratta? Essere riconoscibili, essere portati a esempio di nuova tendenza. Essere semplicemente.
Perchè per loro l’abito fa il monaco, eccome!
p.s. Immagini prese da The Sartorialist, l’Eden del pavone.
E’ un carrozzone, è stato già detto, stupire in ogni senso, per farsi notare, anche. E’ cambiata l’ottica della comunicazione e così pure gli utenti. Ecco, gli utenti…….. 😉
Confusa ne caos c’è anche gente seria, che non perde tempo in travestimenti o cicaleccio. Sembrano pochi perchè non fanno scena, sembrano poco incisivi perchè non aggiungono ma sottraggono. Ci vogliono occhiali speciali per individuarli. Occhiali dotati di silenziatore.
L’ “eleganza” è sempre discreta, presuppone cultura, conoscenza e capacità di sintesi e concordo con te sul dover “indossare” occhiali speciali e molto personali, che sappiano individuare la cosiddetta “nicchia”. Tu, Adriana, sei insegnante ed io lo sono stata per 38 anni e, via via, mi son ritrovata a parlare con il muro. Che tristezza.
38 anni.. Accipicchia! Cosa insegnavi?
Forse, come diceva Spazzapan, non si può insegnare nulla. Si possono solo dare dei limiti, e qualche schiaffo (metaforico), quando serve.
Storia dell’architettura 🙂
più che schiaffi, anche se metaforici, mi sono fatta grandi risate (per non piangere, si intende)
La cosa che lascia perplessa e’ l’allargarsi di un fenonomeno che era circoscritto a pochi blogger e qualche fotografo. Ora la movida dei “deficienti” e’ diventata un fenomeno sociale. Mia mammma liquiderebbe la questione con un’esclamazione: ” non c’e’ piu’ religione “!
E’ un fenomeno che viaggia di pari passo con quello dei social network. La tendenza a crearsi un’immagine più virtuale che reale, a cui uniformarsi durante gli eventi che creano visibilità. E’ l’Io sociale e di facciata che soppianta la personalità.
Io li trovo solo ridicoli, la “colpa” pero’ e’ di chi da visibilita’ al brutto. Giornali e bog in prima fila.
Maurizia, temo che sia ancora peggio. La colpa è di ognuno di noi che spesso confonde visibilità con sostanza. Dimenticando che quella stessa visibilità dura un giorno soltanto.