L’ombelico del giornalista.

scivolone

Brutto.

C’è uno scivolone classico per il giornalista che si occupi di moda: la saccenza.  Quel parlarsi addosso, consci di aver frequentato tante sfilate, aver visto quintali di vestiti e aver ascoltato innumerevoli descrizioni di stili, ispirazioni, visioni, modelli, muse, donne e uomini ideali.

Tutto questo è esperienza, innegabilmente. Però io credo che l’esperienza sia un filtro, capace di sottrarre il superfluo.  Invece mi accorgo che troppo spesso dalle riviste di moda o dai quotidiani arrivano scritti ingombranti, almeno tanto quanto lo diventano sempre più le riviste stesse.

Stessa aria si respira sui social network, dove capita di leggere dialoghi tanto autoreferenziali da sfiorare il ridicolo. Perlopiù incomprensibili per i non addetti ai lavori.  Che cosa è questo se non l’affermazione di uno status? Come quel postare i video in anteprima dell’ultima sfilata, che in parole poverissime significa: io c’ero. E quindi io valgo.

Fintanto che la moda sarà intesa come una lobby di super-selezionati adepti non ci sarà spazio per i tentativi di farla percepire come veicolo anche di cultura.

15 pensieri riguardo “L’ombelico del giornalista.

  1. Hai ragione. Ma è anche vero che spesso, seguendo i blog, leggo articoli sgrammaticati, senza minime nozioni di punteggiatura e di basi dell’editing (puntini di sospensione a caso, virgole a caso, spazi a caso, foto grandi come francobolli…) e che sostengono tesi inventate senza alcuna ricerca di informazione prima di scrivere. Ecco, anche questo (forse in modo peggiore) non contribuisce a rendere la moda parte della cultura. Alcuni giornalisti sono troppo pieni di sé ma livellare sempre verso il basso spesso è controproducente…

    1. Quando scrivo “moda = cultura” non è certo a un livellamento verso il basso che mi riferisco, al contrario. I blog di cui scrivi (e spero che non ti riferisca al mio, ma sono sempre pronta a fare ammenda, nel caso) sono frutto della stessa matrice che vuole la moda come puro fatto di auto-promozione o, nel peggiore dei casi, di semplice pettegolezzo. E penso che un certo giornalismo abbia qualche colpa in proposito.

      1. No no, non mi riferivo al tuo blog! Figurati! Condivido quello che dici… anche sulla deriva di autopromozione e di chi si prende troppo sul serio (anche io ho un blog in cui sono “protagonista” ma con l’unico obiettivo di condividere un divertimento e quando leggo delle “collaborazioni” di alcune blogger mi viene da ridere). La mia era solo una riflessione a completamento della tua… per dire che da un lato ci sono giornalisti che si imbrodano, dall’altro caciottine che ambiscono a essere la stessa cosa, ma senza nemmeno saper scrivere in italiano… il risultato è disastroso.

  2. Vogliamo parlare di quelli che postano le foto degli inviti alle sfilate?
    Poracci.
    Purtroppo oltre a tanta autoreferenzialità che pure molta ignoranza. E la prenteziosità snobbosetta che ostentanto in molti secondo me è solo tesa a mascherare il gran vuoto che ci sta dietro.

    Chi ne sa, non ha bisogno di snobbare nessuno.

    Non credi?

    1. Si, lo credo. Credo anche che alcuni ambiti, come la moda, il design, l’arte, siano tanto ambiti perché capaci di creare ancora una distanza tra una supposta élite e gli altri. E’ proprio in quello spazio che si esercitano gli snob (sine nobilitate).

  3. per me la moda non è un veicolo di cultura, la cultura e il talento vengono sempre molto filtrati attraverso le logiche del mercato, non è nemmeno detto che i prodotti migliori più poetici e interessanti siano quelli che riescono ad emergere, io per esempio ho sempre dato uno sguardo interessato alla moda etica, perché spesso ci si trova una motivazione e una poesia che non trovi nell’approccio convenzionale
    però chi desidera trovare cultura e arte si rivolga direttamente a questi due settori e lasci perdere la moda. La moda va bene con leggerezza, è n bel tessuto, un bel vestito, un bel taglio, una creazione sorprendente ed evocativa, ma si ferma lì, io sinceramente dopo averla studiata ho smesso di vederci altre cose, perchè secondo non ci sono semplicemente e la maggiorparte di chi si occupa di moda nemmeno si cura di ricercarle, comunque.
    Paradossalmente e molto onestamente io preferisco un blogger di moda, maldestro, poco sapiente di storia del costume, della moda, di tessuti ecc, però almeno il suo approccio è fresco, ingenuo, apprezza le cose per quello che sono, senza snobismi, è una persona normale, dal fisico al modo di esprimersi, ti assicuro che non è poco.

    1. La moda diventa cultura solo se passa attraverso un’analisi storica, antropologica, economica, politica, psicologica, sociale e si, anche filosofica. In parole povere se si ha voglia di andare oltre la mera superficie tessile ed estetica (importanti anche quelle beninteso). Il problema è anche che nelle scuole di moda solitamente questo non si fa e così succede che il primo blogger di passaggio diventa un punto di riferimento..

  4. […] perchè chi lavora nella moda commette quasi sempre l’errore di prendersi troppo sul serio, allora ti senti un intellettuale di grido perché magari hai citato un artista (!) nel tuo abito, ma tu non sei l’artista, tu sei un designer, il che è profondamente diverso. Oppure pensi di essere superiore perché tu lavori con le modelle e guardi tutti gli altri comuni mortali con aria di compatimento, oppure non so ricerchi il divino nell’abito, nel tessuto, ma quello non c’è, inutile girarci intorno. E così non è che si diventa, lo si è in partenza, lo erano i miei compagni di corso per esempio, fin da subito, la puzza sotto il naso arriva subito, riempirsi la bocca perché tu hai fatto lo stage (magari gratis) nella casa dal nome altisonante. Ah la moda, purtroppo è questo, mi dispiace. Per quello i fashion blogger sono piaciuti sai, perché erano uno sguardo democratico, innovativo, sincero e la gente del settore ancora oggi finge di non sapere chi sono, come si chiamano. Perché danno fastidio, loro sono fermi alle raccomandazioni, al cv consegnato nelle mani dell’amica, scavalcando centinaia i candidati magari più meritevoli, chissà. La moda è un sistema che se pretende di continuare in questo modo prima o poi imploderà su stesso o resterà totalmente privo di contenuti se non quelli del commercio puro. Io penso che si debbano cercare altre strade, scendere dal piedistallo, dimenticarsi di quei nomi che hanno fatto la storia ok però ora basta, grazie.

  5. ps comunque sono felice che esistano persone come te Adriana, pensavo di essere la sola ad avere certi pensieri, piano piano prende forma la strada che vorrei prendere professionalmente in questo settore, sicuramente non la strada convenzionale, anche se so che mi costerà molta fatica

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