Brutto.
Primavera/estate 2016. Cosa è rimasto della Barbara Casasola che avevo tanto apprezzato per quel suo raffinato punto di vista? Irriconoscibile. E’ questo quello che produce il confronto con il mercato? Omologazione, banalità, abiti francamente inutili.
Rifletto da tempo ormai sul reale valore della moda in questo tempo di consumismo stanco e annoiati e bulimici shopping tour. La moda, che troppo spesso è diventata erroneamente solo sinonimo di abiti, rischia di sprofondare sotto il peso di quintalate di abiti che in un soffio possiamo dimenticare.
Capita solo a me di avvertire questa sensazione di NOIA?
Un abito è solo un abito, per quanto innovativo o bello che sia, ma la moda è una storia, anzi, di più, è un modo di stare al mondo. Cosa se ne fa la moda di abiti che abbiamo già visto e rivisto? Andranno ad occupare altro spazio reso prezioso ormai dalla mancanza di spazio. Consumeranno altre energie sempre più scarse, riempiranno armadi o magazzini già stracolmi…
Comincia così, con Barbara Casasola, il mio reportage/elenco di abiti inutili. E sono sicura, purtroppo, che sarà lungo.
Io un antidoto ce l’avrei, ma temo che non piacerà quasi a nessuno, e comunque aspetto di sperimentarlo prima personalmente e poi, forse, ne scriverò.
Right! 👌🏻 by martina’s adventure
Condivido questo link perché il tup pezzo me lo ha fatto tornare in mente /e mi preoccupo assai di trovarmi d’accordo con Il Foglio/.
(A trovarmi d’accordo con te invece ci sono abituata)
http://www.ilfoglio.it/cronache/2015/09/25/milano-fashion-week-cappuccini-verdi-e-inglesismi-alla-moda___1-v-133149-rubriche_c405.htm
L’ho trovato molto interessante pure io! Resto perciò dell’idea che l’intelligenza non ha colore..
Certo che oggi a dire di lavorare nella moda ci vuole un bel coraggio! 😉