Leaving Dior.

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Bello.

Alta moda 2015/16, Dior.

Quello che più apprezzo in Raf Simons è la sua onestà nell’affrontare le sfide e quella che ha vissuto negli atelier di Christian Dior non era certo da poco. Anche in questa sua ultima (in ogni senso) collezione per la maison più celebrata di tutti i tempi, si è preso i suoi bei rischi.

Di questa collezione non tutto mi piace, ma questo poco importa, si tratta soltanto di gusti personali, che hanno quindi poca rilevanza. Però mi piace la sicurezza di chi porta avanti le proprie idee e il proprio punto di vista in fatto di stile. E al diavolo tutti quelli che ragionano e mettono insieme pezzi come fossero stylist, Simons la moda la sa fare.

Bella la ricerca in fatto di pattern, bella la scelta dei colori, la sperimentazione di forme e tagli. Capi spalla con una sola manica? Obiettivamente poco commerciale. Si, ma è haute couture, e allora ben vengano gli azzardi.

Raf Simons ha deciso di lasciare Dior e di dedicarsi al suo marchio. Ho idea che abbia in serbo interessanti novità, non per stupire, ma per fare concretamente qualcosa che lasci un segno.

Pierre Balmain (1914- 1982).

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Brutto.

Non mi interessa occuparmi del planetario battage pubblicitario o della furbissima strategia marketing messi in atto con il connubio tra H&M e Balmain. Non sono cose che valga la pena di analizzare, a meno che non siate manager e vi occupiate di numeri o siate esperti analisti del settore. Non è il mio caso.

Quello che noto a prima vista è l’involgarimento dello stile. Sarà perché è indirizzato a un consumatore low cost? Deve essere questo ciò che pensano i grandi marchi delle masse.  No, non mi stupisco affatto, democratizzazione fa solitamente rima con roba cafona. D’altra parte cosa si pretende, non siamo mica su Rai Educational?

Allora quello che faccio di solito in questi casi, è rifarmi gli occhi con un po’ di storia, ricordando da dove siamo venuti.  Si, perché prima di Balmain c’era un certo Pierre Balmain, che si dice addirittura avesse anticipato il new look di Dior. Di certo i due erano amici e prima ancora di diventare qualcuno, progettarono di aprire insieme la loro prima maison. Poi non ne fecero nulla e ognuno andò per la sua strada, che per entrambi fu ricca di successi e soddisfazioni. Ma bando alle ciance, ecco qualche esempio dello stile jolie madame del nostro, che, a proposito del suo mestiere diceva: “Siamo artigiani con un dono speciale per il bello”.

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E a proposito di stile, diceva ancora: “Rispettate i principi base della moda e sarete sempre in sintonia con le ultime tendenze, senza caderne preda”.

Una lezione che in casa Balmain devono aver dimenticato.

Utopian Fashion.

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Bello.

Le immagini si riferiscono a Utopian Bodies: Fashion Looks Forward, visitabile a Stoccolma al Liljevalchs Konsthall fino al 7 Febbraio 2016.

Quello che lascia stupefatti e contemporaneamente amareggiati, confrontando questa esposizione rispetto a quelle viste in Italia, è l’altissima qualità dell’allestimento:  “Per creare atmosfere diverse sono stati creati manichini ad hoc (Proportion London) e più di 30 acconciature diverse (Charlie Le Mindu, Perry Patraszewski). Sono stati utilizzati filmati, effetti luminosi, texture per amplificare l’idea che sta dietro ad alcuni dei più complessi oggetti in mostra, ed anche per catturare la musica, il movimento e l’attitudine che nella moda sono così importanti”.

Queste le parole di uno dei curatori.  Per il resto, le immagini parlano da sole.