Brutto.
Il mio ultimo articolo sull’artigianato ha fatto nascere (fortunatamente) alcune discussioni, qualche polemica e molto interesse. Di questo sono grata a tutti quelli che hanno dedicato un po’ del loro tempo a leggermi.
Una delle discussioni più accese verteva sulla classica dicotomia artigiano/artista, nonostante io non avessi mai menzionato la parola arte nell’articolo (artigianato artistico non vale, e sarebbe troppo lungo, forse inutile da spiegare).
Sull’argomento in questione ho già scritto.
Ma tanto per fare di nuovo e subito chiarezza, degli stilisti che si sentono però anche artisti io ne ho le tasche piene. Anche di quelli che guardando l’ennesima prova di perizia tecnica, esclamano estasiati: -Un vero artista!-.
Si, va bene, qualcuno mi dirà che può essere un modo di dire, ma io non ne sono poi così convinta. La confusione è diventata una tale abitudine, che per ogni termine usato spunta subito qualcuno a ricordarti il suo punto di vista in proposito, o meglio, la sua interpretazione.
Allora ribadisco il mio punto di vista. Che è parziale, soggettivo, non assoluto*, confutabile e anche detestabile. Per me la moda non è arte.
Ecco, ora aspetto rappresaglie sotto forma di distinguo ed eccezioni, oltre a qualche commento stizzito che mi ricorda: -Chi sei tu per deciderlo?- *(Pregasi ritornare al paragrafo precedente).
Dirò di più, quando un mio collega annunciava pomposamente di volersi dedicare anche a lavori artistici, il più delle volte si rivelavano opere scadenti che nascondevano la frustrazione di non riuscire a produrre design convincente. E l’asino cascava immancabilmente quando al tuo appunto sull’irrazionalità di quel capo, ti veniva prontamente risposto: -Si, ma è voluto: è artistico.-. Eppure basterebbe non dimenticare MAI che gli abiti sono macchine per vestire.
Forse l’arte, come la beneficienza, in alcuni casi andrebbe fatta in silenzio, per pura necessità personale, lasciando poi ai posteri (o anche solo agli occasionali osservatori) la decisione se si tratti o meno di una espressione veramente artistica.
D’altra parte la professione di designer richiede già un così grande dispendio di tempo e di energie, che mi chiedo davvero come facciate a dedicarvi anche a un impegno così totalizzante come è l’arte. O forse siete dei geni.
Di questa tempra, nella storia, io ne conosco uno solo. Uno che riusciva ad inventare macchine così complesse e visionarie, oltre che tecnicamente e scientificamente accurate da avere anticipato, e di molto, i tempi. E contemporaneamente ci ha lasciato un’arte che non ammette discussioni se sia o meno arte.
Leonardo da Vinci.
(Immagine di Christophe Coppens)
P.s. Le eccezioni sono sempre possibili.
Secondo me Leonardo aveva un botto di tempo libero che impiegava al meglio, soprattutto non aveva la televisione e nemmeno Facebook!. Scherzi a parte, stilista non ha mai significato artista proprio perché è una figura che nasce per esigenze industriali, forse ha senso artistico, sa disegnare, ma ciò non lo rende un artista. Quello che ho sempre pensato è che un artista produce un’opera, un oggetto, un artefatto, una volta sola, senza preoccuparsi di replicarlo né di quale sia stato il processo per ottenerlo. L’artista è una personalità impulsiva. Un designer difficilmente potrà essere tutto questo poiché deve rispondere a delle tempistiche predefinite da un sistema culturale-sociale-economico-produttivo e deve conoscere perfettamente (si spera) le fasi del processo necessarie alla realizzazione dell’oggetto progettato. L’aspetto peggiore di questa confusione culturale (che ho notato studiando moda e design), è che spesso mi sono ritrovata circondata da persone con un grande spirito artistico che credevano di dover convogliare necessariamente nella progettazione industriale. Al tempo stesso, culturalmente la moda viene ancora vista come pratica artistica visuale e gran parte delle scuole rientra sotto questo titolo: ho studiato moda in un istituto d’arte, design di moda in una facoltà di architettura, moda in una specialistica intitolata alle arti visive. C’è tanto lavoro da fare, troppo, per sistemare la questione culturale intorno alla moda.
Sono sempre contenta quando posso leggerla, è soddisfacente e stimolante! Un caro saluto!
p.s. ovviamente è la mia opinione, tutta relativa e mai assoluta!
Si, meglio specificarlo sempre, non si sa mai. Con il clima di integralismo che si respira.. 🙂
Riguardo alla questione, credo che l’origine stessa della moda abbia creato molta della confusione di cui giustamente scrivi. Worth, che è considerato l’inventore della haute couture, si atteggiava da grande artista. Si presentava alle clienti addirittura vestito proprio come un artista. Aveva intuito che il connubio avrebbe nobilitato agli occhi degli acquirenti il suo lavoro. Da lì in poi un po’ tutti hanno sfruttato l’idea, tra l’altro non dimentichiamo che la costruzione degli abiti rientra in quel comparto definito “arti applicate” di cui ancora oggi si fa fatica a dare una definizione. E qui la storia è ricca di spunti: Arts & Crafts, Wiener Werkstaette, Bauhaus.
Insomma, credo che dovremmo discuterne ancora a lungo..
p.s. Interessante la tesi su Leonardo!
Sono d’accordo cone te, alla fine che male c’è a realizzare “solo” dei bei vestiti?!
Già, che male c’è?
Avercene..
Sono d’accordo sull’utilizzo corretto e colpevole delle parole. La moda, come il design, non è arte perché risponde a creiteri di funzionalità che non sono quelli della creazione artistica. La serialità e la caducità intrinsechi alla proposta di un capo di moda li pongono su un’altra dimensione rispetto all’arte. Arte e moda sono entrambe attività creative ma non coincidono affatto.
Volevo dire utilizzo consapevole 😉
Anche colpevole però non è male! Pensa a quanti misfatti in nome delle parole fraintese. 🙂