Sulla nave del vincitore.

camp 1

Brutto?

Una domanda mi sorge molto spontanea: ma se i costumi di Achille Lauro li avessero proposti, che so, Dolce&Gabbana o, un altro nome a caso, Rocco Barocco (ne avrei anche altri, sia chiaro) invece che Alessandro Michele di Gucci, il risultato mediatico sarebbe stato lo stesso?

Voi direte, non sarebbero stati quelli. Probabile. Ma mettiamo il caso che tutta quella genialità invece fosse stata il frutto di un estemporaneo stylist sconosciuto (e ce ne sono di sicuro), avreste osannato il gesto allo stesso modo? Siate sinceri.

Io non ho trovato alcun motivo particolare per stupirmi, emozionarmi o disgustarmi, nè per il gesto e tanto meno per il messaggio.  Ho provato un’unica emozione durante l’esibizione della cover di Mia Martini. In quel contesto gli abiti facevano da sfondo adeguato a un testo e musica bellissimi e alla magnifica voce di Annalisa. Ma credo che mi sarei emozionata anche se gli abiti fossero stati altri, forse un poco di meno, chissà.

Uno dei pregiudizi della moda è purtroppo quello di dare un nome e cognome al talento e da qui darlo per scontato, mentre in realtà se di vero talento si tratta, allora non ha bisogno di etichette.

P.s. E comunque il mantello nero ricamato in oro della prima serata era stupendo e vederlo abbandonato e dimenticato per terra come uno straccio anche ben oltre l’esibizione, mi ha dato una stretta al cuore.

La rivoluzione.

 

Bello.

Non mi stupisce il corpo esibito, non mi fanno alcun effetto i tatuaggi, nè le pose androgine o il blu nei capelli. Non trovo nulla di disdicevole nell’imperfezione. Nemmeno le note stonate mi sembrano un difetto imperdonabile, semmai a volte potrebbero essere persino un punto a favore. Una sporcatura necessaria. Ma per favore non chiamatela rivoluzione, non fate finta di non vedere il calcolo, l’aria disfatta ad arte, il moralismo al contrario, buono per i finti rivoluzionari, gli alternativi della domenica. Tutto si può rifare, reinventare, basta non scimmiottare. Basta che il talento cammini al fianco del gesto, che lo contenga e sia il punto esclamativo del contenuto. Un punto esclamativo lasciato lì tutto solo non significa nulla.

N.b. Bowie era la rivoluzione.