Mi hanno chiesto perchè cucio le foglie.
All’inizio non me lo sono chiesta nemmeno io. Semplicemente le raccoglievo e le osservavo. Mi piaceva seguire con il dito le venature, soprattutto quelle più lievi; a volte si vedevano appena.
Ho pensato che fosse bello metterle in evidenza perchè mi ricordavano un ricamo e si sa, le cose belle non vanno nascoste, almeno non ai propri occhi.
In realtà poi ho capito che quelle venature mi ricordavano il sistema circolatorio di tutti gli esseri viventi e ho cominciato a usare il filo rosso. Rosso come il sangue.
Quando sono passata al filo d’oro pensavo che c’entrasse la questione della sezione aurea (un pò c’entra), ma non è abbastanza. L’oro è un atto di omaggio, è la sacralità che si deve alla vita.
Non stacco le foglie dall’albero, io le raccolgo quando ormai sono alla fine del loro ciclo vitale. Pronte per essere dimenticate. Questo mi rattrista.
Se si potessero ricamare i corpi dei miliardi di persone vissute e ormai dimenticate, non sarebbe male. Avrebbe più senso aver vissuto. Rimarrebbe qualcosa di quel fluire nelle vene e nel tempo. Penso che quello che ci racconta meglio siano proprio i segni: le ramificazioni dei vasi sanguigni, i solchi delle rughe e delle pieghe sulla pelle, i disegni sui palmi delle mani… Sangue e pelle.
Le foglie forse sono un simbolo. Ma in fondo non siamo così diversi: viviamo e ci spegniamo entrambi.

