La moda, il futuro.

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Ringrazio la direttrice di D la Repubblica, Valeria Palermi, per aver dato visibilità ai miei pensieri e in questo modo aver ritenuto che siano significativi. Di seguito il testo completo della mia lettera che riassume quello che è per me il senso della moda:

“Gentile signora Palermi,

accolgo con gratitudine la “chiamata alle armi” apparsa nel suo editoriale del 19 Ottobre. Sono una sarta. Era il 1988 quando ho cominciato e allora non ero molto interessata alla sartoria, quanto piuttosto, come la maggior parte dei ragazzi che si appassionano alla moda, mi attirava l’idea di “disegnare”. Pensavo che la parte più creativa fosse la progettazione, tutto il resto era solo tecnica.

Mi sbagliavo e l’ho scoperto con l’esperienza e con il tempo. Oggi non disegno quasi più, è diventato superfluo. Mi appassiona il processo, il gesto, le mani all’opera; ho scoperto che la bidimensionalità di un foglio è limitativa, devo immaginare le fasi della costruzione e poi metterle in pratica direttamente per poter ottenere qualcosa che si avvicini all’idea.

La sartoria è diventata la mia passione e il mio mestiere e non c’è niente di più moderno oggi. Niente di più prezioso, se si parla di moda.

Ho la possibilità di creare pezzi unici, di stabilire un rapporto esclusivo con il cliente, di studiare ogni volta soluzioni inedite, di lavorare in modo mirato e innovativo. Insomma posso fare la differenza.

Nelle mani c’è un secondo cervello, che a volte arriva prima, prima addirittura di averlo pensato ed è stupefacente se solo impariamo ad allenarlo.

Eppure questa parola “sarto” ancora oggi sembra poca cosa agli occhi dei più. Siamo riusciti a far diventare delle star i cuochi, si riuscirà mai a rendere giustizia ai sarti?

Continuamente si plaude al bagaglio di cultura artigianale di questo Paese, ma in concreto sappiamo che il ricambio generazionale si porterà via una buona parte di quel sapere.

Mi sono chiesta, cosa posso fare io? Ognuno dovrebbe chiederselo, anche piccoli gesti hanno un valore.  Da dove cominciare? Ho pensato che fosse giusto cominciare proprio dall’inizio. Dai bambini.

Nel 2006 ho cominciato a proporre corsi di moda per bambini nell’Atelier ArtEnfant che funziona nel mio laboratorio e in un paio di scuole pubbliche della città di Torino.

Nei miei laboratori i bambini disegnano e progettano, ma soprattutto tagliano e cuciono. Imparano il fare, che è quello di cui abbiamo bisogno per accumulare esperienza. Sviluppano la motricità fine che ultimamente è un disastro e poi discutono di sostenibilità, riciclo, moda inclusiva, bellezza, futuro…

Come si salvaguarda una ricchezza come quella del nostro artigianato? Creando una base, veicolando cultura, spargendo dei semi.

La moda del futuro non potrà fare a meno di questo tesoro. Noi siamo i testimoni e se c’è un senso in quello che facciamo, questo sta nel trasmetterlo ad altri.

Durante il lockdown ho dovuto a malincuore sospendere i corsi in presenza, ma ho mantenuto un contatto virtuale con i miei giovanissimi talenti.

Non mi arrendo, anche se so che non sarà semplice tornare alla normalità, proverò a riannodare i fili.”

Adriana Delfino

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