Un Armani al giorno.

 

Brutto.

Armani Privè, alta moda primavera/estate 2019.

Brutti quei copricapi: un mix and match tra gli anni ’20 e gli ’80. Accessori che completano outfit altrettanto indecisi in cui si può trovare davvero di tutto, dal vinile alle nuvole di tulle, dai colori sgargianti alle fantasie tremolanti, dalle frange alle rouches…

Armani è un’istituzione e magari si presuppone, ormai, che possa permettersi tutto.

Quei dinosauri della moda.

gay 1 Brutto?

Una delle ultime interviste a Giorgio Armani ha destato l’interesse del web, mettendo in contrapposizione schiere di detrattori e seguaci di quel grande sconosciuto che circola sotto il nome di buon gusto.

In sintesi il Sunday Times ha pubblicato il pensiero di Armani a proposito di molti omosessuali che commettono l’errore di “vestirsi da gay” e l’opportunità, a suo dire, che “un uomo si vesta da uomo”.

Le esternazioni di Armani a me non paiono né offensive, né tantomeno particolarmente illuminanti, piuttosto mi sembrano fuori dal tempo.  Il tempo che, per un creativo che si occupi di costume, è fondamentale sia quello presente, se non addirittura quello futuro.

Credo che Armani abbia inteso riferirsi a quella schiera di designer che hanno fatto del no-gender la propria bandiera di stile ( e l’ultimo Gucci ne è solo l’esempio più visibile e nemmeno il più interessante). Capisco il suo scarso entusiasmo per la tendenza, ma proprio il tempo in cui si smette di osservare e analizzare con curiosità e apertura il presente, quello in cui il giudizio prende il posto dell’interesse, quello è per me il tempo in cui si finisce fuori dal tempo.  In parole povere è quando si diventa vecchi.

Le sue parole mi ricordano quelle di molti vecchi che iniziano i loro discorsi con la fatidica frase “Ai miei tempi..” Frase che fa immancabilmente stizzire giovani di ogni generazione, giustamente impegnati a vivere e godere il proprio tempo.

C’è un momento per lasciare, e credo sia proprio quello in cui la contemporaneità ci sfugge e ci appare come un nemico (ho già scritto di questo momento e di grandi di nome e di fatto che l’hanno saputo cogliere).  Capisco che sia spiacevole e desti nostalgia riconoscere di non essere più in grado di incidere nel presente, d’altra parte Armani ha però ricevuto riconoscimenti e gratificazioni che basterebbero per più vite e questo non a tutti è concesso.

Non è detto, poi, che lasciare voglia dire necessariamente ritirarsi.  Piuttosto potrebbe voler dire approfittare della propria esperienza per trasmettere conoscenze.

E per dosare parole e presenza.

Armani Privè: morir di noia.

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Brutto.

Giorgio Armani è nato con il prêt-à-porter e con quello ha conquistato il successo. Ha rinnovato la moda con una unica, brillante idea, che ha saputo sviluppare e vendere alla grande. E ancora ci marcia, diciamocelo.  Che non sia mai stato granchè come sarto lo sa bene anche lui, e d’altra parte non lo ha mai nascosto.  Però da alcuni anni si cimenta con l’alta moda e il punto è proprio che l’alta moda non la puoi fare se non sei un grande sarto..

Non ti basta aggiungere manciate di Swarovski e pailettes sugli abiti da sera, non sono sufficienti le crinoline e i pizzi più raffinati. Nemmeno le trasparenze più audaci ti salveranno, se non sei capace di compiere qualche acrobazia sartoriale.  Se, come diceva Vionnet, non sai costruire delle Rolls Royce al posto delle Ford.

Ora, fortuna vuole che le clienti di Armani sembrino soffrire di grande amnesia riguardo ai fasti della autentica haute couture, oppure si può dire che dell’haute couture in fondo non gliene freghi affatto e basti il nome di Armani unito a quel Privè che fa tanto “club esclusivo” per far perdere loro la testa.

Grande fortuna davvero, ma per favore, non chiamatela Alta Moda.

Giorgio Armani: il re nudo.

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Brutto.

Leggo nella pagina economica del Corriere della Sera l’intervista a Giorgio Armani e ci sono alcuni punti che non mi sono ben chiari.

L’articolo parte dalla constatazione di un traguardo economico di tutto riguardo: fatturato sopra i due miliardi, e questo rende evidentemente la voce dello stilista/imprenditore ben più autorevole..  Però questo campione del Made in Italy non fa parte del gruppo dirigente della Camera della Moda, il motivo? Lui chiede che tutti i marchi italiani tornino a sfilare a Milano.

Quando l’intervistatore gli fa notare che però la sua alta moda sfila a Parigi, ecco che la risposta è bella che pronta: mi dispiace tanto signori, ma per quanto AltaRoma si sforzi, Parigi è sempre Parigi e per l’haute couture non c’è storia..

Poi però rilancia: -Il sistema Italia deve liberarsi di particolarismi ed esterofilie..-.

Mettiamoci d’accordo Re Giorgio, è vero che un re ha sempre l’ultima parola e la sua logica è spesso indecifrabile per noi mortali, ma nelle sue parole io vedo qualche accenno di incoerenza,