Carbone a volontà.

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Bello.

Le chiamano befane, streghe o puttane.
Loro non sono definibili, nemmeno un po’: nessuno è un’etichetta.

Ma le signore vi ricambiano allegramente e travestendosi da brutte vi regalano carbone mentre scorazzano per il cielo come centauri.
Gli avevano dato una scopa per spazzare e tacere e loro ne hanno fatto un cavallo, un tappeto magico.

W le befane.

Cucito sul corpo (la prima brezza di Settembre).

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Bello.

Può darsi che il fine di ogni moda sia quello di cucirsi addosso la sostanza del desiderio. Altrimenti che senso avrebbe questa mania del tatuaggio che contagia sempre più persone?

E’ certo che dimostrare attraverso il corpo chi si è, rassicura, calma l’ansia di esistere per se stessi. Invece di porsi domande, si fornisce una risposta rapida.

E l’abito continua ad essere ciò che è sempre stato: non un riparo dal freddo, dagli sguardi, bensì la pelle che si desidera avere.

(Immagini: Ana Teresa Barboza).

Le donne di Nina.

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Bello.

Si chiama Nina Surel, qualcuno la definisce artista, io credo sia più adeguato il termine illustratrice, che non è certo una professione priva di luci.

E’ argentina (e si nota dalla ricchezza di dettagli e colori), ma di stanza ormai a Miami, città che influenza i suoi lavori con quella punta di kitsch controllato.

Le suggestioni dal mondo della moda sono evidenti, sia per la scelta di utilizzare spesso elementi provenienti dai negozi di abiti vintage, sia per quell’attenzione particolare verso abiti e accessori.

Nina assembla tutto con una tecnica simile al collage e il risultato spazia tra i rimandi a un Messico alla Frida Kahlo, le evanescenze delle fanciulle preraffaellite e un romanticismo lievemente pop.

Insomma un tripudio massimalista che dovrebbe piacere a parecchi fashion designer.

Una piccola favola nel bosco d’inverno.

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Bello?

Si dice spesso che la moda è sogno. Potrebbe essere anche favola?  Mi è tornata in mente questa storia che avevo dedicato a mio figlio, per avvicinarlo al lavoro che faccio, ma anche per accarezzare ancora una volta la parte di me bambina.  Si inizia giocando con le bambole, poi giochiamo a travestirci e infine proviamo a immaginare storie che possano essere indossate da altre persone.

Per non dimenticare quanta parte di gioco e leggerezza ci sia (ancora) in questo mestiere.  Lontano dai palcoscenici, dagli articoli un po’ spocchiosi e  dalla pazza folla.

 

(*) Tutte le foto sono di Stefania Bonatelli.

Le invasioni germaniche.

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Bello.

Un’altra designer tedesca: Christa van der Meer.  Non deve essere un caso che la Germania, unico pezzo d’Europa esente dalla crisi, sforni creatività e propositività.

Christa ha già collaborato con Henrik Vibskov ed è anche una eccellente illustratrice, basta dare un’occhiata ai lavori sul suo sito.

I suoi abiti risentono di un evidente sperimentalismo, ma ciò nonostante lasciano intuire un gusto radicato, cromatismi e accostamenti originali: l’Africa che tiene a braccetto il Nord, stampe e forme prese da costumi tradizionali ma sovra-dimensionati.

C’è una certa leggerezza in queste prove tecniche di collezione, che non è proprio ironia, ma ci si avvicina.  In ogni caso penso che quei colori e quelle fantasie siano una gioia per gli occhi. Almeno per i miei.