Sensible colors.

v&a 1

Christian Dior, 1948 –pink

v&a 2

Paul Poiret, about 1915 –yellow

v&a 3

Meadham Kirchoff, 2012 –pastel

Bello.

Al V&A di Londra mi hanno incantato soprattutto i colori e il loro variare nel tempo.

C’è sicuramente un motivo per cui mi sono soffermata su questi tre particolari: tre tempi, tre atmosfere, tre stili, tre sentimenti cromatici.

Sleeping.

joseph 1 joseph 2 joseph 3 joseph 4

Brutto.

Le ultime sfilate a Londra per l’autunno inverno 2015-16 forniscono continuamente spunti per ripensare al ruolo della moda nella nostra vita, come questa di Joseph.  Immagino che il pubblico presente durante la sfilata abbia trovato molto riposante lo show; soporifero così come quelle belle coperte usate a mò di tubino, come eravamo solite fare da bambine giocando a travestirci.

A questo punto ci si potrebbe anche chiedere perché mai scomodare uno stilista per raggiungere un risultato tanto banale (e a tratti persino mortificante).  Provo a mettermi nei panni della stilista in questione (una donna, si, strano vero?), e tento una risposta plausibile:  voglia di comodità, minimalismo accogliente, semplificazione estrema.

Tutti intenti possibili e credibili.  Però, da donna a donna, un abito non dovrebbe anche servire a renderci più belle?

Alla moda concettuale, così come al minimalismo ortodosso non ho mai creduto fino in fondo. Sono esperimenti buoni per le sfilate, ma poi, nella vita di tutti i giorni mostrano i loro limiti.

Inoltre aggiungo che sono esperimenti già fatti, più e più volte e con esiti migliori di questi.

Zzzzzzzz…

Katranzou la collezionista.

Mary 1

Mary 2

Mary 3

Brutto.

Questi sono alcuni outfit della collezione autunno inverno 2015-16 di Mary Katranzou presentata qualche giorno fa a Londra.

Sembra che la stilista si sia divertita a collezionare pattern e texture; peccato che a tanta abbondanza non sembra corrispondere una logica, ma nemmeno una non-logica perlomeno accattivante.

Insomma, un campionario di superfici che fanno il verso ad altri stili (e stilisti), senza tralasciare nemmeno alcune uscite minimal, ma così minimal da apparire persino inconsistenti. E poco donanti.

Poco donanti come quelle pieghe sulle gonne a sirena, messe lì non si sa bene perché.

Immagino che dietro a questa collezione possa esserci il desiderio di avvicinarsi al mercato, in tempi in cui un marchio giovane fa fatica a sopravvivere. Il rischio è quello di snaturare il proprio stile, strizzando l’occhio ad alcuni facili escamotage (vedi le superfici borchiate) e naturalmente la perdita di freschezza.

The glamour of Italian fashion – Quello che il mondo sa di noi.

mostra londra 2 mostra londra 1 mostra londra 3

Bello.

Ancora una volta la mia inviata molto speciale Clara Tosi Pamphili si è offerta gentilmente di essere il mio alter ego nel visitare una mostra imperdibile, che celebra nel mondo quel ‘sapere’ italiano a cui noi, in patria, diamo spesso scarsa attenzione. La mostra è The glamour of Italian fashion: 1945-2014 , inaugurata a Londra presso il Victoria & Albert Museum all’inizio di Aprile e visitabile fino al 27 di Luglio.  Certo salta all’occhio subito che un museo così blasonato dedichi tanto spazio alla moda (sono in programma a breve altre due mostre sul tema), e subito il paragone corre a ciò che succede da noi, dove la moda, che pure tutti si affannano a descrivere come ‘patrimonio nazionale’, stenta a suscitare interesse da parte del mondo culturale.

La presenza all’inaugurazione della mostra del premier italiano sembrerebbe un segnale positivo, ma temo che finita la festa e dismessi i tappeti rossi, nulla cambi.. Qualche presenzialismo in meno non guasterebbe in cambio di qualche risultato in più.

Ma ora ecco la bella lettera di Clara che, come di consueto, sa cogliere il senso dell’evento:

 

“Cara Adriana,

ti scrivo da Londra perché il V&A ha deciso di celebrare il Glamour italiano e io sono venuta a vedere come un meraviglioso museo, capace di ospitare la sapienza umana del fare artisticamente le cose utili, legga la nostra moda. La Mostra é seria, obiettiva, traccia un percorso fra l’origine e il futuro senza perdersi in chiacchiere. Ha l’onestà di esporre le immagini che hanno connotato il nostro stile e che a noi risultano ormai insopportabili ( la Lambretta di Vacanze Romane o Liz Taylor con i suoi gioielli degni di Cleopatra) insieme all’evoluzione della sapienza costruttiva delle Sartorie romane e italiane, fino al trionfo dei grandi brand. Riesce a dare un ordine ad un sistema che noi ancora non riusciamo a promuovere nel modo giusto, non a caso la Mostra l’hanno fatta loro e noi no, e a sintetizzare magistralmente in un concetto il made in Italy: in uno dei pannelli didascalici c’è scritto che lo stilista italiano é “More nuanced” …credo che questo descriva bene tutta la creatività italiana. “The Glamour of Italian Fashion 1945- 2014” racconta un periodo lungo, da crisi a crisi si potrebbe dire: dal sostegno frutto di una resa incondizionata degli americani con il piano Marshall, all’intelligenza imprenditoriale di Giorgini che con la sua famosa sfilata del 1951 alla Sala Bianca di Firenze da il via alla libertà creativa dei nostri Sarti, fino al glamour contemporaneo che ancora regala lustro al nostro paese in un periodo storico difficilissimo. E’ reso chiaro come tanto di quel glamour passi attraverso il cinema grazie soprattutto a chi faceva a Roma abiti per dive e divi, sicuramente meno cari di quelli francesi e in un clima di Hollywood sul Tevere che metteva allegria senza imporre formalismi. Bulgari é lo sponsor perfetto per una storia tanto legata all’ heritage, emblema del lusso ma anche della capacità artigianale italiana, in mostra espone un gioiello leggendario fatto per la Taylor. Poco ma simbolico spazio all’epoca moderna, quella dagli anni 70 ad oggi, ma la scelta é ragionata, gli elementi sulla costruzione, il taglio, la ricerca e la creazione ci sono tutti. Dicevo da crisi a crisi ma mi verrebbe da dire anche da sartine a sartine guardando le immagini più belle delle prime sale, quelle dei film come Cronaca di un Amore o le Ragazze di piazza di Spagna e il video che conclude la mostra dove si lamenta la mancanza di chi porterà avanti certe capacità artigianali….temo tanto che il messaggio sia soprattutto quello: il nostro é il fascino irresistibile dell’artigiano più che del couturier. Se c’è un messaggio e un suggerimento, cara amica, é quello di creare colti e preparati artigiani più che superficiali e impreparati stilisti.

Tua

Clara Tosi Pamphili ”

E ancora una volta grazie Clara!

 

London calling.

G.W. Anderson

J. W Anderson

J.W. Anderson 1

Bello.

Si chiama J. W. Anderson ed ha appena sfilato a Londra. Non lo conoscevo, quindi ho cercato qualche informazione: il nome completo è Jonathan William Anderson, si tratta di un trentenne allampanato di origini nord-irlandesi che ha iniziato nel 2008 con collezioni uomo. Sembra che a Londra spopoli tra i trend-setter più giovani.

Alcuni pezzi di questa collezione sono interessanti per il tentativo di includere tagli un po’ spericolati. Mi piace quell’aria leggermente rigida, che però segue il corpo senza troppa difficoltà.

E’ piacevole anche il modo in cui Anderson definisce la sua ragazza ideale: una persona capace di perdersi in un’idea.