Il gusto per il disgusto.

 

 

Bello/Brutto?

Non c’è niente di più ciclico che il bello/brutto. E’ dimostrato che anche in questo nessuno ha inventato nulla a dispetto di tutto quel gran parlare, scrivere, argomentare che attualmente riempie conferenze, saggi e pagine di riviste.

Il gusto personale o collettivo (se esiste) è in equilibrio instabile tra questi due estremi, ed è ciò che rende più interessante la questione, ammettiamolo.  Se tutto fosse bello e sensato diventerebbe inevitabilmente piatto e mortalmente noioso.

E poichè siamo nella fase del brutto, facciamocene una ragione.

 

I dolori della donna romantica.

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Bello?

A l’Aia, in Olanda, presso il Gemeente Museum Den Haag è in corso una mostra che conferma il clima reazionario che si respira di questi tempi nella moda di tendenza: “Romantische Mode”.

800

Certo tornerebbe utile approfondire i motivi e le ispirazioni di molta moda contemporanea e a questo scopo sarebbe necessario ad alcuni frequentatori di sfilate e dintorni un viaggetto in quel di Den Haag. Giusto per comprendere che le ragioni di tanti vitini di vespa e gonne gonfie non sono puramente estetiche e nemmeno tanto condivisibili.

Nell’800 alle donne (e alle case) spettava il compito di esternare la ricchezza degli uomini. Quegli stessi uomini che per se stessi avevano scelto una divisa sobria e puritana. Le signore del bel mondo presero alla lettera questa missione, tanto da apparire in molti casi come bambole decorative, in un tripudio di fiocchi, fiori e merletti.

E’ a quel periodo storico che si ispirò Christian Dior, rimettendo in discussione tutte le conquiste che le donne avevano faticosamente realizzato tra le due guerre mondiali.

Sembra che quel periodo sia nuovamente di gran moda. Complice la crisi, e sappiamo che ad ogni crisi si accompagna un ritorno alle vecchie certezze; forse complice anche un sistema della moda particolarmente ingessato che ricorre al passato per acchiappare consensi.

E’ un escamotage che non mi è mai piaciuto e combatto ogni giorno contro i classici abiti da principessa, spiegando alle mie allieve quanto scomodi e invalidanti fossero.

Tutto fuorché romantici.

Un borghese piccolo piccolo.

prada uomo 2015

Brutto?

Prendendo spunto dalle sfilate della moda uomo di questo periodo, un amico si lamentava di quanta poca varietà ci fosse nel guardaroba maschile rispetto a quello femminile.  In realtà gli facevo notare che, a guardare bene quello che viene proposto sulle passerelle, spunti per spezzare la monotonia ce ne sarebbero..

E’ pur vero però che sono pochi gli uomini che osano, a parte i vari dandy veri o fasulli, gli addetti ai lavori e qualche spirito libero. La massa degli acquirenti di moda maschile tende ad andare sul sicuro con tinte sobrie, possibilmente neutre e uno stile che spazia dal classico allo sportivo con qualche concessione al casual.

Non è stato sempre così: nel ‘600 era la moda maschile che riceveva l’attenzione maggiore, con guarnizioni, decorazioni e ricami preziosissimi, gioielli a profusione e tessuti sontuosi. Le testimonianze sono ben visibili nei dipinti dell’epoca, che ritraggono re e aristocratici “iper-addobbati”.  Non fu da meno il 1700, secolo in cui i canoni di bellezza esigevano la vita sottile sia per le donne che per gli uomini e quindi l’uso del corsetto in entrambi i casi. Sia uomini che donne poi a corte indossavano parrucche incipriare, un trucco pesante e abiti coperti di ricami coloratissimi, maniche di impalpabile pizzo, calze di seta e scarpine col tacco.  Insomma non proprio un abbigliamento sobrio, e tutt’altro che noioso.

Il cambio di rotta avvenne a partire dalla fine del ‘700 e ancora di più nel 1800, subito dopo le due grandi rivoluzioni: quella francese e quella industriale.

E’ allora che ha origine quella che fu chiamata la grande rinuncia alla moda da parte degli uomini, con l’adozione del completo in tre pezzi: giacca/gilet/pantalone.  Il perfetto abito borghese.

Improvvisamente, per l’uomo borghese, tutto dedito ad accumulare capitali, la moda divenne materia poco seria, tanto da lasciarne totalmente la gestione all’universo femminile:

“Le donne di mondo vivono una vita da martiri. Per provare a valorizzare le toilettes di fata che le couturières si uccidono ad imbastire dalla sera al mattino, fanno la spola da un vestito all’altro, per ore affidano la loro testa vuota agli artisti del capello (..). Imbustate nei loro corsetti, strette nei loro stivaletti, esse volteggiano per notti intere nei loro balli di beneficienza..”.

Ecco, la descrizione poco lusinghiera di un cronista dell’epoca. Nel frattempo gli uomini si aggiravano, come tanti becchini, indossando completi scuri, cilindro e bastone da passeggio. Si salvavano (si fa per dire, vista la fine di Wilde) i pochi dandy in circolazione.

Possiamo ben dire quindi che ancora oggi gli uomini scontano un paio di secoli di ignoranza in fatto di moda.

Colpa dell’uomo borghese quindi, che ha preposto la funzionalità alla fantasia, che ha altresì relegato la moda nell’ambito della superficialità, negandole di fatto il ruolo sociale e culturale, che ancora oggi facciamo fatica a restituirle.