Againstfashion 2018

armadio pieno di vestiti

Brutto.

-Fashion è quello che compri, lo stile è ciò che indossi- 

-Fashion is what you buy, style is what you wear –

I nostri armadi sono pieni di abiti comprati perchè:

costavano poco,

dicevano che dovevamo averli,

avevamo fretta,

ci hanno consigliato male,

li avevano tutti,

eravamo depressi,

volevamo sentirci diversi,

ci siamo illusi che ci stessero bene,

ci sembravano indispensabili,

comprare è diventato un hobby.

Abiti che non indossiamo, semplicemente perchè non ci somigliano. Abiti inutili.

Piccolo proposito per i prossimi 12 mesi: comprare meno, comprare solo abiti e cose che siamo sicuri di usare spesso.

 

Visionnaires.

Bello.

Essere againstfashion è un po’ come essere visionari. Richiede una totale mancanza di confini tra il sè corporeo e la propria rappresentazione per il mondo.

L’abito che si indossa è un segno tra i tanti che racchiude questa condizione.  Non è solo un abito, non è solo moda nè superficie; è lo specchio che non smette di rifletterci, l’appendice piana e duttile che asseconda ogni gesto.

E’ stato così da sempre, non è soltanto un’invenzione di stilisti contemporanei o avanguardie concettuali. In realtà a loro è toccato solo scoprire l’acqua calda e mascherare con frasi altisonanti quello che era già lì, pronto e finito.

Essere againstfashion è un’esperienza che può concludersi in un tempo breve, oppure durare una vita intera. Vale la pena sperimentarla, ma non è una passeggiata. Naturalmente richiede una buona dose di sincerità. Questo è l’ingrediente più difficile da reperire. Richiede inoltre fiducia, quasi un lasciarsi andare, praticamente senza rete.

L’abito, poi, viene da sè.

 

Immagini: Daliah Spiegel, Tatiana Leshkina and Erik Hart, Christian Heikoop, Eric Benier Burckel, Bauhaus, Oskar Schlemmer.

L’ultima neve dell’anno.

gold-finger

Brutto?

Lascio questo vecchio anno bisestile con sollievo: si è rivelato fedele alla sua triste nomea.

Molte delusioni, inquietanti geografie di un mondo sempre più in lotta. Incontri fuggevoli, troppo. Qualche illusione in meno, il desiderio impellente di ritrarsi, diradare le comparsate.  Essere againstfashion, ma esserlo davvero, diventa sempre più un esercizio solitario -spargere al vento semi che con molta probabilità finiranno nel deserto-.

Diventa radicale e persino incomprensibile ai molti quello che in principio credevo fosse solo un gesto di disappunto. La moda, per come la immagino, dovrebbe dare allegria e consapevolezza. Oggi mi restituisce sempre più disagio: sembra andare dove io non voglio nè posso transitare. E’ un luogo popolato quasi solo di lupi che nascondono i denti, lanciati in una corsa verso il nulla.

Per questo inforco i miei occhiali da sole nuovi, in un giorno di prima neve; metto su il mio rossetto più rosso e l’unica faccia che possiedo e provo a fare un sorriso tirato.

Perchè restare si può. Nonostante le intemperie e i sassi nelle scarpe, nonostante gli incontri sbagliati e le scelte non azzeccate. Si può far tesoro della vita vissuta e augurarsi caparbiamente un anno migliore. Alla faccia del tempo e di tutto il ciarpame che ci ostacola il passo.

Buon nuovo anno a noi tutti.

Againstfashion.

against

Bello?

Mi chiedono spesso perché questo blog già dal nome si schieri contro qualcosa che in apparenza sembra invece alimentarlo. E poiché io gli abiti li faccio, la posizione appare oltretutto poco coerente.  Ora io cercherò di spiegare perché sono contro il Fashion però del tutto in favore della Moda, attraverso poche e semplici parole.

Fashion è Fast & Furious, Fugace e Falso.  E’ pura Fisica: Fisso e Finito (ma potrebbe essere anche una questione di Fisico..). Fashion è una Fissazione che spesso Finisce in un Flop, è come un Fuoco Fatuo.  Fashion è Fantasmagorico, tanto da apparire Furbo, Fastidioso.  Fare Fashion è come Fare Footing; è dove Finisce la Favola.  Fashion è il Fenomeno della Fiera, inFiocchettato a dovere, per i Fischi della Folla.

Moda è un Mondo, il Modo di Manifestarsi della Modernità, senza Mezze Misure. La Moda si Materializza Mentre il Mondo Muta.  Mettersi nella Moda significa Modulare le Mani insieme alla Mente.  Significa Meditare e poi Mandare Messaggi in Musica (una Melodia Misteriosa o un Mantra).  Moda è un Mestiere Mutevole, Ma Moda è anche il Mezzo per Mostrare il Mio Modo di stare al Mondo.

 

Confessioni di una sarta (ex-stilista).

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Brutto.

Un anno fa aprivo questo blog. Non mi aspettavo niente di speciale, a dire il vero ero molto delusa e anche vagamente arrabbiata: leggevo e vedevo molte cose che non mi tornavano. Soprattutto non mi sembrava di udire voci autonome che parlassero di moda, come se il settore soffrisse i postumi di una anestesia. Non ho mai pensato di risolvere la questione o di apportare un contributo decisivo, solo mi premeva di non restare a guardare. Ho sempre immaginato che la mia voce, in fondo, si sarebbe persa nel mare della rete, però anche il mare è pur sempre fatto di gocce..

Devo anche dire che la mia scelta di bollare i miei interventi con il bello/brutto è stata spesso contestata, mentre qualcuno mi ha addirittura scritto apprezzamenti sicuramente esagerati, definendo questo blog come l’unico avamposto di critica di moda.

Al di là di risultati belli o brutti, i motivi che mi rendevano delusa e un po’ arrabbiata non sono scomparsi e a distanza di un anno mi ritrovo a pensare ancora le stesse cose di allora. E’ per questo che voglio riproporre quel primo post e lo farò allo scadere di ogni anno (ammesso che io o la voglia di continuare duriamo). A meno che le cose non cambino davvero, per me o in generale:

Adieu

“Mi sento come Paul Poiret quando, al termine della sua carriera, disse: – Mi sento molti abiti sotto la pelle..-.

Ma poi quegli abiti rimasero sottopelle e inespressi.

O forse mi sento come Elsa Schiaparelli quando nella sua autobiografia, poco prima di lasciare le scene, scrisse: – Quando il vento ti prende il cappello e te lo porta via, sfidandoti a inseguirlo sempre più lontano, tu devi correre più veloce del vento se vuoi recuperarlo..-.

Ma poi lei si fermò e lasciò che il suo cappello se ne andasse dove lei non poteva, non voleva andare.

Stamattina ho riletto un brano di uno spettacolo di danza di dieci anni fa. Lo ricordo bene e ancora mi emoziona:

Ho trent’anni e sono in pensione / voglio dire ballerino in pensione / non ho trovato altro che rabbia / che delle mezze soluzioni / non ho più piacere a danzare / nè davanti ai borghesi / nè davanti a nessun altro / non ho più niente da dire sulla scena / allora faccio capolino / questa sera è una confessione / è uno spettacolo che si suicida davanti a voi / per soffocamento.

E il ballerino rimase immobile, per tutto lo spettacolo, oltre un’ora, mentre rivoli di sangue blu gli colavano sul corpo.”