A beautiful white shirt.

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Bello.

Una camicia bianca: è tutto ciò di cui avete sempre bisogno.

Sarete eleganti, minimalisti, lussuosi, essenziali, infinitamente chic, femminili e maschili. Sarete semplici e ricercati, invisibili e unici allo stesso tempo.

Non vi servirà niente altro a parte la vostra faccia.

Le camicie di Ferrè.

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Bello.

Sono tornata a Milano qualche settimana fa per visitare una mostra imperdibile, visto che si trattava di Gianfranco Ferrè.

La mostra si intitolava La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferrè ed era costruita, come si intuisce dal titolo, intorno ad uno dei grandi amori di Ferrè: la camicia bianca. Poiché si tratta di una passione che condivido e di cui ho già scritto e inoltre poiché ho sempre ammirato e apprezzato il lavoro di questo stilista, capite bene che non potevo mancare. Ferrè è uno dei pochi stilisti che non ha disdegnato l’insegnamento, intuendo che la trasmissione dei saperi fosse importante tanto (e forse più) quanto il lavoro creativo sugli abiti. Fu infatti uno dei fondatori della Domus Academy di Milano, dove insegnò fino a quando la maison Dior lo chiamò come direttore creativo. A quel punto gli impegni di lavoro gli impedirono di continuare, ma le sue lezioni sono raccolte in un importante volume: Gianfranco Ferrè – Lezioni di Moda, Marsilio ed.

La camicia bianca rappresenta per me la sintesi perfetta di estetica e funzionalità, un vero e geniale esempio di design e credo che difficilmente sia possibile migliorare questo risultato. Ciononostante Ferrè è riuscito a costruire intorno a questo capo tutto un mondo fatto di interpretazioni, suggestioni, costruzioni sartoriali che, lasciandone intatto il significato concettuale, ne amplificano tuttavia la portata.

L’allestimento della mostra era puro e suggestivo, credo come sarebbe piaciuto al grande stilista/architetto.

Per chi non avesse potuto ammirare di persona la mostra, lascio alle immagini il compito di raccontare questo fantastico viaggio nelle collezioni di Gianfranco Ferrè dal 1982 al 2006.

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Lo zen e l’arte del ferro da stiro.

camicie bianche

Bello.

Posseggo molte camicie bianche, che sono una mania a cui non so resistere, anche se non le indosso spesso. Periodicamente, quindi, le tiro fuori dal guardaroba e le rinfresco. Si tratta di un lavoro lungo e meticoloso, ripagato però dalla soddisfazione di vederle poi tutte impilate e perfettamente stirate. La sensazione che mi rimanda quel candore organizzato è quella di un apparente (e illusorio) potere di controllo sulla materia.  Ma si tratta anche di una fatica di tipo quasi meditativo difficile da spiegare senza il pericolo di passare per matta.

Mi sono tornati in mente alcuni ricordi proprio mentre ero occupata in questa fatica periodica.  Ricordo una cliente, alcuni anni fa, per cui avevo realizzato un complicato abito da sera in chiffon di seta. Un lavoro paziente e preciso culminato in una stiratura altrettanto complessa.  Dopo un paio di anni la stessa cliente tornò da me per chiedermi se potevo fare alcune modifiche su quell’abito poiché era dimagrita. Le chiesi come mai non mi avesse portato direttamente l’abito in modo da poterlo provare e stabilire la fattibilità. Rispose che l’aveva portato e mi porse una busta di plastica, di quelle per la spesa, con dentro, appallottolato, l’abito.

Era più che evidente che quella donna non aveva mai stirato un abito in vita sua, né conosceva i principi basilari dello stare al mondo in modo appropriato e nemmeno possedeva un briciolo di classe. Ed era anche evidente che non toccava a me istruirla. Rimasi profondamente offesa.

John Galliano raccontava in un’intervista il suo apprendistato nella moda; aveva cominciato lavorando in teatro come aiuto-costumista, lavoro che consisteva prevalentemente nello stirare e mettere in ordine i costumi. Nonostante quello che si può pensare, Galliano diceva di aver imparato tantissimo da quella gavetta e di quanto sia fondamentale la stiratura per la riuscita di un abito. Ricordo che diceva che un abito non è niente se non è ben stirato, solo un mucchietto di stoffa.  Nei reparti confezione la stiratura è l’ultimo passaggio, uno dei più delicati ed è quello che dà la forma agli abiti, per non parlare dei capi-spalla…

Nei miei laboratori di micro-modellazione tessile mi imbatto costantemente in ragazzi (spesso anche adulti fatti) che non hanno letteralmente mai preso un ferro da stiro in mano e lo si intuisce immediatamente, dato che tendono a lasciare il ferro appoggiato sulla piastra!  Certo si può vivere senza saper stirare, d’altra parte si può sopravvivere anche mangiando senza posate e bevendo direttamente dal rubinetto…

Mi accorgo che nemmeno i negozi che vendono abbigliamento tengono più molto in conto la pratica della stiratura: mi è capitato molte volte di vedere in vetrina capi spiegazzati in modo vergognoso, evidentemente tirati fuori dagli scatoloni o dalle buste e appesi così com’erano.

Per come la vedo io, presentare un capo stazzonato è sinonimo di cafonaggine, tanto quanto spruzzarsi il profumo senza essersi lavati.