Dancing in the past.

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Bello.

Non sono una fan di Steven Meisel, però questo suo servizio fotografico nell’ultimo numero di Vogue Italia è proprio nelle mie corde.

E’ evidentemente ispirato alle atmosfere patinate del musical anni ’30 e a personaggi come Ginger Rogers e Fred Astaire. Un chiaro ritorno ad un periodo storico in cui la moda usciva dalla ‘povertà di lusso’ di Chanel e si rivolgeva a un lusso concreto e stabile.

Le donne ritrovavano il gusto per la seduzione fatta di abiti che scivolavano sul corpo come una carezza e gli uomini non disdegnavano l’antico cilindro.

Erano gli anni in cui l’Occidente tentava di superare quel giovedì nero che aveva visto crollare la borsa di Wall Street, crollo che in pochi istanti aveva polverizzato capitali e sogni di ricchezza. Non era più il caso di sembrare fintamente povere, al contrario bisognava apparire benestanti a tutti i costi.

Non è certo un caso se oggi quello stile neo-classico torna in voga. Oggi che siamo reduci (o forse ancora nel guado?) da una crisi lunghissima ed estenuante, in cui il comparto moda ha pagato lo scotto di essere composto da beni tutto sommato superflui. E quindi si torna a un guardaroba fatto di abiti durevoli, classici per l’appunto.

Si parla di nuovo di cappotti, ma che siano di buona lana, o meglio di cachemire. Gli abiti da sera non ammettono stravaganze, quanto piuttosto uno stile impeccabile e un’eleganza senza incertezze. Le camicie bianche di Ferrè tornano ad essere attuali come non mai, simbolo classico per eccellenza.

La storia è ciclica, si sa. Anche la storia della moda.

Tutto quello che non so.

???????

Bello.

 

 

“Buonasera Sig.ra Delfino.

Leggo spesso il suo blog, e mi rattristo quando non lo aggiorna mantenendo una certa regolarità. Non condivido tutto quello che scrive, ma ne apprezzo molto spirito critico e argomentazioni.

Sono una ragazza di 22 anni con tre anni di studi economici alle spalle, ma con un’indole troppo portata per la moda per restare tra meri numeri. Scrivo per un magazine, di arte, costume e spesso moda. Mi piace leggere di quest’ultima, parlarne, approfondirla, ma comprendo che per scriverne è necessario un certo bagaglio di conoscenze. Le scrivo per chiederle quindi un consiglio, quali letture mi consiglia per iniziare ad arricchire la mia cultura in fatto di moda?

Ciò che più bramo di imparare è l’evoluzione della moda e del suo concetto. Voglio acquisire gli strumenti per poter elaborare un giudizio critico che vada oltre il mio gusto personale. Voglio capire, interiorizzare come distinguere le sottili genialità che taluni stilisti sanno partorire.

Se potesse aiutarmi Le sarei molto grata. E per favore, posti di piu’.

S.

Ps. Sarei inoltre curiosa di sapere quale sia il suo pensiero sul fatto che molti critici abbiano criticato i designers italiani durante l’appena passata fashion week, affermando che questi abbiano mancato di originalità.”

 

Questa è una mail che ho ricevuto la scorsa settimana. Ho deciso di pubblicarla (dietro consenso della mittente) per rispondere anche a numerosi altri messaggi che mi chiedevano consigli simili.

La premessa che mi sento di fare è che io non credo di essere la persona più qualificata per dare consigli in merito, essendo io stessa una quasi autodidatta. Quindi non aspettatevi da me una sfilza di titoli e riferimenti colti.  Posso solo raccontare il mio metodo, per quello che vale.

Il metodo è semplicissimo: assaggiare tutto e farsi guidare dall’istinto.

Certo, ci sono tomi che uno studioso del costume deve necessariamente aver letto (vedi quelli di Roland Barthes..), ma io non sono mai stata così categorica e a dire la verità quei tomi mi hanno sempre annoiata a morte, anche se mi sarei sentita troppo in colpa se li avessi ignorati.

Negli anni ho saltellato incoerentemente tra testi di semantica, biografie, critica, storia, gossip, illustrazioni..

Ho sempre pensato che per farsi un’opinione fosse necessario ascoltare le voci di più gente possibile e che non esista una cultura alta, tanto quanto non ne esiste una bassa. La cultura per me è un insieme di esperienze, non solo intellettive.

In definitiva io ho sempre frequentato molto le biblioteche e letto tutto ciò che potevo. Poi ho acquistato quei libri di cui mi sembrava non potessi fare a meno.

Un titolo tra tutti, che uso frequentemente per le mie lezioni?  Storia della moda XVIII-XX secolo di Enrica Morini.

Un altro piccolo consiglio è quello di leggere assolutamente le autobiografie e gli scritti dei padri e le madri della moda. Sentire raccontare dalla loro voce l’evoluzione e i cambiamenti della moda vale più di innumerevoli testi di critica o storia. Non ce ne sono molte (Dior, Poiret, Schiaparelli, Ferrè..), ma ognuna è imperdibile.

Non ho altri consigli, spero che altri facciano meglio di me.  Per quanto riguarda il postare di piu’.  Vorrei tanto, ma il tempo che mi rimane dopo aver seguito i figli,  progettato, cucito, insegnato, letto.. è talmente poco.  Questa del blog rimane un’attività che faccio, come si suol dire  “a tempo perso”, e mi stupisco ancora e sempre quando mi arrivano mail come questa, che mi restituiscono invece la sensazione di non aver perso il mio tempo.

Rispondo all’ultima domanda, riguardo alla critica di scarsa originalità della moda italiana durante l’ultima fashion week.   Ma quando mai la moda italiana ha brillato per originalità?

Si è sempre detto che il made in Italy è campione nelle vendite perché è in grado di accontentare il mercato, che siamo insuperabili in qualità e vestibilità, insomma l’originalità non è mai stata il nostro cavallo di battaglia. Allora qual è il punto?

Forse che certo giornalismo di moda ha scoperto che la critica tout court va tanto di moda?

 

 

 

 

Unforgettable.

Walter AlbiniWalter Albini

 

Jaques FathJaques Fath

 

Cristòbal BalenciagaCristòbal Balenciaga

 

Jean Patou ritrattoJean Patou

 

Lucien LelongLucien Lelong

 

Gianfranco FerrèGianfranco Ferrè

 

Bello.

The man I wish, still again.  Unforgettable, unrepeatable.

Lasciate che io mi crogioli un po’ nella malinconia in questi giorni di fuffa e fashion.  No, l’abito non fa il monaco, se dentro c’è solo fiato.

Ma l’abito è una conseguenza.