Sulla nave del vincitore.

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Brutto?

Una domanda mi sorge molto spontanea: ma se i costumi di Achille Lauro li avessero proposti, che so, Dolce&Gabbana o, un altro nome a caso, Rocco Barocco (ne avrei anche altri, sia chiaro) invece che Alessandro Michele di Gucci, il risultato mediatico sarebbe stato lo stesso?

Voi direte, non sarebbero stati quelli. Probabile. Ma mettiamo il caso che tutta quella genialità invece fosse stata il frutto di un estemporaneo stylist sconosciuto (e ce ne sono di sicuro), avreste osannato il gesto allo stesso modo? Siate sinceri.

Io non ho trovato alcun motivo particolare per stupirmi, emozionarmi o disgustarmi, nè per il gesto e tanto meno per il messaggio.  Ho provato un’unica emozione durante l’esibizione della cover di Mia Martini. In quel contesto gli abiti facevano da sfondo adeguato a un testo e musica bellissimi e alla magnifica voce di Annalisa. Ma credo che mi sarei emozionata anche se gli abiti fossero stati altri, forse un poco di meno, chissà.

Uno dei pregiudizi della moda è purtroppo quello di dare un nome e cognome al talento e da qui darlo per scontato, mentre in realtà se di vero talento si tratta, allora non ha bisogno di etichette.

P.s. E comunque il mantello nero ricamato in oro della prima serata era stupendo e vederlo abbandonato e dimenticato per terra come uno straccio anche ben oltre l’esibizione, mi ha dato una stretta al cuore.

Almeno tu.

Bello.

Mia Martini, Sanremo 1989.

Arrivò nona, non esisteva la giuria di qualità e il pubblico da casa giudicò in questo modo sia la canzone che la sua interpretazione, si trattava di “Almeno tu nell’universo”, tanto per intenderci.

Ma voglio seppellire e dimenticare in un angolo piccolo piccolo tutte le polemiche stupide dell’ultimo festival, che non valgono nulla in confronto a lei, alla sua classe.

Oltre alla voce incomparabile, alla forza e alla sua indubbia bellezza, questo abito in quel festival era ed è splendido ( Roccobarocco). Come quasi tutti gli abiti che sceglieva.

Io ho un ricordo di lei, fisso e luminoso come un puntino inciso profondamente nel film della mia vita: una festa di paese al sud, era estate; un palco nella piazza centrale, di quelli importanti, per una festa importante.

Arrivava lei, con un abito rosso, ma di un rosso che non posso dimenticare. Un abito femminile, con la vita stretta e la gonna svolazzante. Aveva cantato alcune canzoni, io non ricordo quali, ricordo però il suo abito e quanto era bella. Talmente bella che io, in quell’età incerta tra infanzia e adolescenza, in quel momento avevo desiderato tanto, ma così tanto, di diventare un giorno come lei.

Ma non si può.

Se oggi penso a un abito rosso perfetto, penso a lei. A quell’estate e a quel momento perfetto.