





Bello.
Lina Cavalieri durante la Belle Époque era considerata la donna più bella del mondo. Era nata il giorno di Natale in una famiglia modesta e nonostante le origini, in una società ossessionata dalla divisione in classi, raggiunse i vertici della fama e fu ammirata e imitata come nessun’altra prima di lei.
Si sposò cinque volte, ribadendo ogni volta la sua indipendenza, a dispetto delle convenzioni e di uomini che tentavano di ricondurla nei ranghi di ciò che la società dell’epoca riservava alle donne. Ebbe un solo figlio e una schiera di ammiratori infinita.
Morì all’età di 70 anni sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, dopo aver girato il mondo, scritto libri e vissuto intensamente.
Fu musa di artisti quando era in vita e anche dopo, come dimostra l’opera di Piero Fornasetti, ossessionato dal suo volto, tanto da riprodurlo centinaia di volte.
Enigmatico, irriverente, metafisico, quel volto rappresenta come pochi altri il concetto di una bellezza classica fuori dal tempo. Eterno.
Quel tipo di bellezza che non teme il tempo, né il lato oscuro del suo passaggio. Eterno perché vive nell’istante, come un ricordo indelebile. Credo che questo abbia permesso a Fornasetti di farlo riaffiorare dal passato, come se fosse nuovo.
Il suo volto, nel lavoro di Fornasetti, rimane l’emblema di una femminilità insondabile. La fissità dello sguardo, la perfezione dei tratti, le pose ironiche o ermetiche denunciano chiaramente l’impossibilità di risolvere il mistero.