A beauty history.

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1900

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1920

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1940

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1950

Bello?

Guardo queste immagini e osservo quanto di questa bellezza derivi non tanto da un assoluto di perfezione (o almeno qualcosa che vi si avvicini), piuttosto da un’aura di mistero.  La distanza, forse quel leggero pudore di chi non mostra mai tutto.

Può darsi che la bellezza sia qualcosa che manca, che ci manca? Un tassello che non riusciamo a trovare?  Forse quel tanto di perfezione che ci è negato per sempre.

Nostàlgia.

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Myrna Loy, 1932

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Agnes Ayres, anni ’20

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Bello.

Lo so, farò la solita figura di quella un po’ retrò, anzi proprio vecchia (come dice spesso mio figlio!), ma io adoro le velette. Confesso di averne anche una piccola collezione, che raramente sfoggio: mi sentirei troppo osservata.

Però amerei possedere un pizzico di esibizionismo in più per potermene fregare degli sguardi della gente e con nonchalance andarmene in giro con il volto velato. Cosa che tra l’altro funziona meglio di Photoshop!

Le ultime sfilate hanno riproposto questo accessorio, appoggiandolo persino su berretti di lana. Io però continuo a preferirlo nel modo più classico: con piccoli cappelli o semplici acconciature.

Non si può, né si deve, secondo me, snaturare un concetto così affascinante come quello del mistero. La veletta, che mette una distanza effimera eppure efficace tra sé e il mondo, rimane per me l’oggetto del sogno. La rappresentazione bellissima di una moda che se ne infischia di necessità e velocità.  Lontana anni luce da questo tempo, vicinissima però al concetto più puro di moda.

Una musa dal passato.

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Fornasetti 3

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Bello.

Lina Cavalieri durante la Belle Époque era considerata la donna più bella del mondo. Era nata il giorno di Natale in una famiglia modesta e nonostante le origini, in una società ossessionata dalla divisione in classi, raggiunse i vertici della fama e fu ammirata e imitata come nessun’altra prima di lei.

Si sposò cinque volte, ribadendo ogni volta la sua indipendenza, a dispetto delle convenzioni e di uomini che tentavano di ricondurla nei ranghi di ciò che la società dell’epoca riservava alle donne. Ebbe un solo figlio e una schiera di ammiratori infinita.

Morì all’età di 70 anni sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, dopo aver girato il mondo, scritto libri e vissuto intensamente.

Fu musa di artisti quando era in vita e anche dopo, come dimostra l’opera di Piero Fornasetti, ossessionato dal suo volto, tanto da riprodurlo centinaia di volte.

Enigmatico, irriverente, metafisico, quel volto rappresenta come pochi altri il concetto di una bellezza classica fuori dal tempo. Eterno.

Quel tipo di bellezza che non teme il tempo, né il lato oscuro del suo passaggio. Eterno perché vive nell’istante, come un ricordo indelebile.  Credo che questo abbia permesso a Fornasetti di farlo riaffiorare dal passato, come se fosse nuovo.

Il suo volto, nel lavoro di Fornasetti, rimane l’emblema di una femminilità insondabile. La fissità dello sguardo, la perfezione dei tratti, le pose ironiche o ermetiche denunciano chiaramente l’impossibilità di risolvere il mistero.