Il senso di Kei per la moda.

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Bello.

“Non è con il disegno che si crea un abito, ma con il tatto” (Kei Ninomiya)

Ma che ne sappiamo noi, abituati a osservare i mutamenti della moda attraverso display, carta stampata e schermi più o meno grandi? Immagini che ci raccontano una verità solo bidimensionale, monca di profondità, insieme all’unico punto di vista di chi le ha prodotte.

Che ne sappiamo di un vestito se non l’abbiamo toccato e rivoltato?

Dei cinque sensi il tatto è quello più trascurato, una vera incoerenza se ragioniamo sul fatto che nell’essere umano è al primo posto della conoscenza diretta del mondo e arriva prima della vista.

Non si capisce granchè di un vestito, neppure della forma, se non lo si tasta, seguendone con le dita le linee delle cuciture, la consistenza dei volumi e la sostanza dei materiali.

I veri analfabeti digitali oggi sono i nostri figli, abituati perlopiù a pigiare qualche tasto, senza nessuno che gli trasmetta la sapienza di quello che le mani possono fare e questa si che è un vera iattura, da cui difficilmente si torna indietro. Lo verifico spesso nei miei laboratori: giovani mani incapaci di ritagliare, che faticano a tenere in mano piccoli oggetti ed entrare nel dettaglio. Un vero disastro quella manualità fine…

Eppure è un pensiero antico e insieme ultra-moderno quello che rimette il tatto ai primi posti dell’esperienza e quindi della conoscenza e ce lo ricorda oggi un giapponese che fa una moda tutt’altro che semplice, tutt’altro che scontata.

Moncler 1.

 

 

Bello.

Moncler 1 di Pierpaolo Piccioli, collezione autunno/inverno 2018-19.

Peccato che il comunicato stampa relativo a questo nuovo corso di Moncler sia praticamente incomprensibile (leggere per credere). Anche perchè credo che non ci fosse bisogno di tutte quelle parole attorcigliate su se stesse, e di quel finto e ostentato intellettualismo. In fondo questo progetto parla da solo e sarà bene che chi produce vestiti cominci a fidarsi un po’ di più delle mani di chi fa piuttosto che degli inutili concetti di chi vende aria fritta.

Gli abiti sono pezzi di storie oltre che coperture per il corpo, su questo non si discute, ma quale dei nostri sensi è sollecitato per primo davanti ad un abito?

Signori, servirà ripetere per l’ennesima volta che non siamo di fronte ad un’opera d’arte (e perdipiù questa cosa dello “storytelling” deve avervi preso la mano).

Dottor Jekyll e Mr Hyde.

moncler gamme rouge

Bello?

Complice l’aria gelidina di queste mattinate settembrine, ho ripensato alla sfilata di Moncler Gamme Rouge by Giambattista Valli per l’imminente autunno/inverno.  Ricordo pezzi memorabili delle prime collezioni. che ancora rimangono invariati nella mia lista dei desideri..

Ho notato (e già scritto) di questa propensione attuale di Valli per il genere principessa oltre che per il total white. Qui chiaramente si tratta di una principessa delle nevi, che porta sul viso le iridescenze dei ghiacci dell’estremo nord.  A dirla tutta non mi entusiasma, trovo difficile pensare a un’incursione di questi capi nella vita reale.  Sarà per questo che il resto della collezione è invece estremamente realistico, direi addirittura iper-tecnico.

Capisco che l’equilibrio tra creatività e vendibilità sia arduo, soprattutto per uno stilista come Valli, più portato verso la couture che lo sportswear, ma trovo comunque incongruo l’utilizzo di due voci così distanti all’interno di un unico show.

Leggo con curiosità che Moncler si appresta a intraprendere ulteriori sfide, con incursioni in nuovi settori come quello della musica e delle calzature sportive . Aumentando magari la gamma dei suoi colori (o lettere): dopo la Gamme Rouge e Bleu e la linea M.  Lo sguardo è rivolto a Parigi, scelta insolita per quei settori. Chi sarà il prescelto?