Le mille e una fiere della vanità.

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Bello?

Si è appena concluso un fine settimana densissimo a Torino, in termini di arte e design. Sembra che tutti siano venuti da queste parti per dire almeno di esserci stati. Hanno guardato frettolosamente qualcosa e poi se ne sono andati velocemente, così come erano arrivati. Di solito quel qualcosa si chiamava Artissima (certo che venire a Torino solo per vedere questa fiera è davvero impensabile..).

Io invece quest’anno Artissima me lo sono persa; che se la sorbiscano i soliti presenzialisti.  Che noia questo salone che non mi riserva più alcuna emozione, ma solo un gran mal di testa!

Ho partecipato invece a un workshop a Operae. Il workshop era interessante, mentre la rassegna molto meno. C’è in giro troppa fame di auto-affermazione e troppe poche idee utili: ma il design non doveva servire innanzitutto a soddisfare bisogni reali? Mi è sembrato di vedere molta arte applicata e poco design, ma allora diamo alla rassegna la definizione giusta. Il che non sarebbe affatto male, visto che un salone dell’arte applicata non lo fa ancora nessuno..

Poi ho fatto un giro a Paratissima, che conferma la propria missione di mettere insieme in maniera confusa e democratica l’alto con il basso, il mercatino del bric-a-brac con l’arte, i dilettanti con i professionisti. Insomma un gran casino.

Tutto questo mi è bastato. Certo mi sarò persa qualche altra interessantissima cosa, ma la città in questa stagione offre visioni meravigliose che non si trovano in luoghi chiusi e ogni tanto bisogna ricordarsi semplicemente di respirare.

 

 

Balenciaga and Spain – Le origini del genio.

 

Bello.

Il video si riferisce ad una mostra del 2011 al Young Museum di San Francisco, California e documenta in modo dettagliato il legame naturale e indissolubile di Cristobal Balenciaga con la sua terra di origine.

Penso che ogni singolo abito di questo couturier racconti una storia affascinante e soprattutto la sua totale abnegazione nei confronti della creazione. E’ probabile, anzi, che la storia stessa della sua vita e il suo pensiero siano condensati in quella dedizione  verso il fare abiti.

Per chi si occupa di moda ogni fotogramma di questo video può essere un regalo. Si può comprendere la nascita di un’idea, immaginare il percorso che Balenciaga ha compiuto per elaborare in forme personali i ricordi e l’estetica respirati sin dalla nascita.

Credo che nessuno più di lui abbia convogliato tutte le proprie energie nella ricerca di quella perfezione intravvista come un sogno, eliminando distrazioni, orpelli, dettagli inutili. Realizzando forme così pure da lasciare stupiti ancora oggi, noi abituati a vedere tonnellate di abiti e forme.

La mia sensazione è che tutte quelle altre forme e abiti scompaiano e rimanga stagliata nei miei occhi questa immagine di straordinaria modernità.

Utopian Fashion.

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Bello.

Le immagini si riferiscono a Utopian Bodies: Fashion Looks Forward, visitabile a Stoccolma al Liljevalchs Konsthall fino al 7 Febbraio 2016.

Quello che lascia stupefatti e contemporaneamente amareggiati, confrontando questa esposizione rispetto a quelle viste in Italia, è l’altissima qualità dell’allestimento:  “Per creare atmosfere diverse sono stati creati manichini ad hoc (Proportion London) e più di 30 acconciature diverse (Charlie Le Mindu, Perry Patraszewski). Sono stati utilizzati filmati, effetti luminosi, texture per amplificare l’idea che sta dietro ad alcuni dei più complessi oggetti in mostra, ed anche per catturare la musica, il movimento e l’attitudine che nella moda sono così importanti”.

Queste le parole di uno dei curatori.  Per il resto, le immagini parlano da sole.

Magico pizzo.

ca. 1951 --- Original caption: Woman modeling black lace dress with pink sash copied from Balenciaga, with hat and gloves. --- Image by © Condé Nast Archive/Corbis

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Bello.

Vale la pena in questa estate caldissima fare un salto a Calais (Francia) per gustarsi una mostra che unisce la tradizione cittadina per il pizzo con il genio di Cristobal Balenciaga, che lo usò costantemente, tenendo fede alle sue origini ispaniche.

Balenciaga – La magicien de la dentelle, questo il titolo della mostra visitabile fino al 31 agosto. Di mostre sul geniale couturier non ce ne saranno mai abbastanza, ma questa mi affascina soprattutto per la scelta del tema.

E mi accorgo solo adesso che quasi tutti gli abiti che ho acquistato da tre mesi a questa parte sono in pizzo. A dire il vero, adoro da sempre questo materiale; così sensuale e al contempo austero in nero, mentre coloratissimo può diventare addirittura visionario.

Théatre de la mode.

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Bello.

Si chiamava Théatre de la Mode e fu esposto a Parigi il 27 marzo 1945, a guerra appena finita. Non c’erano tessuti e quel poco che c’era doveva essere utilizzato con infinita parsimonia. Quindi si utilizzarono manichini in miniatura fatti con filo di ferro e testine di bronzo. Tutte le maison che erano sopravvissute alla guerra vestirono queste bambole alte 70 cm, con le loro ultime novità.

“Si è rimesso in pista qualcosa che aveva continuato ad esistere, ma che non era più così conosciuto. Si poteva pensare che la Couture fosse qualcosa del passato che stava per scomparire o che era già scomparsa. Al contrario…” (Robert Ricci).

Quello che mi colpisce in questi tre modelli, è l’incredibile somiglianza con quel new look che Christian Dior avrebbe imposto  al mondo con grande clamore mediatico ben due anni dopo.

Le camicie di Ferrè.

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Bello.

Sono tornata a Milano qualche settimana fa per visitare una mostra imperdibile, visto che si trattava di Gianfranco Ferrè.

La mostra si intitolava La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferrè ed era costruita, come si intuisce dal titolo, intorno ad uno dei grandi amori di Ferrè: la camicia bianca. Poiché si tratta di una passione che condivido e di cui ho già scritto e inoltre poiché ho sempre ammirato e apprezzato il lavoro di questo stilista, capite bene che non potevo mancare. Ferrè è uno dei pochi stilisti che non ha disdegnato l’insegnamento, intuendo che la trasmissione dei saperi fosse importante tanto (e forse più) quanto il lavoro creativo sugli abiti. Fu infatti uno dei fondatori della Domus Academy di Milano, dove insegnò fino a quando la maison Dior lo chiamò come direttore creativo. A quel punto gli impegni di lavoro gli impedirono di continuare, ma le sue lezioni sono raccolte in un importante volume: Gianfranco Ferrè – Lezioni di Moda, Marsilio ed.

La camicia bianca rappresenta per me la sintesi perfetta di estetica e funzionalità, un vero e geniale esempio di design e credo che difficilmente sia possibile migliorare questo risultato. Ciononostante Ferrè è riuscito a costruire intorno a questo capo tutto un mondo fatto di interpretazioni, suggestioni, costruzioni sartoriali che, lasciandone intatto il significato concettuale, ne amplificano tuttavia la portata.

L’allestimento della mostra era puro e suggestivo, credo come sarebbe piaciuto al grande stilista/architetto.

Per chi non avesse potuto ammirare di persona la mostra, lascio alle immagini il compito di raccontare questo fantastico viaggio nelle collezioni di Gianfranco Ferrè dal 1982 al 2006.

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A casa di Dior.

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Bello?

Qualche giorno fa sono stata a Granville, cittadina natale di Christian Dior e suo buen retiro anche negli anni di grande successo.  La villa tutta rosa in cui ha trascorso l’infanzia il couturier si trova nella parte alta della cittadina, circondata da un giardino pieno di fiori un po’ frou-frou, con un’invidiabile vista sul mare.

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Persino il salon de the esterno risente non poco di tutto questo rosa confetto.

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Che dire poi della testa di Dior che guarda il cielo con un’espressione non proprio felice?

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Ma la parte della visita che mi interessava di più era naturalmente la mostra interna, oltre all’atmosfera della villa, che deve aver influenzato certamente il percorso e le scelte di Dior.

La visita si apre con l’immancabile tailleur Bar, simbolo e vessillo del New Look:

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Degli arredi originali naturalmente non c’è più traccia, ma è facile immaginare quello stile Luigi XVI tanto caro a Dior, anche solo dalle decorazioni delle boiserie, dei caminetti e della scala interna.

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Gli abiti in mostra non sono molti, d’altra parte l’esposizione riguarda più le immagini legate alla griffe che le collezioni vere e proprie.

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E anche qui il rosa la fa da padrone:

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Sarebbe piaciuto a Dior questo piccolo museo un po’ cocotte? Io credo di si: le donne a cui si rivolgeva amavano le atmosfere rilassanti di una villa immersa nel verde, con quel tocco di glamour della spiaggia a poca distanza. Non è difficile immaginare il giovane Dior immerso nelle letture in una di queste stanze, o accogliere gli amici sotto gli alberi del giardino.

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Spiccano in modo inusuale questi due abiti rossi, a mio avviso un poco in contro-tendenza.

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E infine, per fortuna, anche un omaggio al passaggio di Galliano negli atelier.

Ho trascorso un piacevole pomeriggio all’insegna della raffinatezza in un luogo dove tutto è predisposto per non urtare la vista. Poi uscendo ho notato la voliera nel giardino, in cui le colombe prigioniere tubavano, ma il suono somigliava più a un lamento. Mi hanno fatto pensare alle donne di Dior, imprigionate nei corsetti e nei metri e metri di stoffa e crinoline.. e improvvisamente tutto mi è sembrato meno piacevole.

The glamour of Italian fashion – Quello che il mondo sa di noi.

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Bello.

Ancora una volta la mia inviata molto speciale Clara Tosi Pamphili si è offerta gentilmente di essere il mio alter ego nel visitare una mostra imperdibile, che celebra nel mondo quel ‘sapere’ italiano a cui noi, in patria, diamo spesso scarsa attenzione. La mostra è The glamour of Italian fashion: 1945-2014 , inaugurata a Londra presso il Victoria & Albert Museum all’inizio di Aprile e visitabile fino al 27 di Luglio.  Certo salta all’occhio subito che un museo così blasonato dedichi tanto spazio alla moda (sono in programma a breve altre due mostre sul tema), e subito il paragone corre a ciò che succede da noi, dove la moda, che pure tutti si affannano a descrivere come ‘patrimonio nazionale’, stenta a suscitare interesse da parte del mondo culturale.

La presenza all’inaugurazione della mostra del premier italiano sembrerebbe un segnale positivo, ma temo che finita la festa e dismessi i tappeti rossi, nulla cambi.. Qualche presenzialismo in meno non guasterebbe in cambio di qualche risultato in più.

Ma ora ecco la bella lettera di Clara che, come di consueto, sa cogliere il senso dell’evento:

 

“Cara Adriana,

ti scrivo da Londra perché il V&A ha deciso di celebrare il Glamour italiano e io sono venuta a vedere come un meraviglioso museo, capace di ospitare la sapienza umana del fare artisticamente le cose utili, legga la nostra moda. La Mostra é seria, obiettiva, traccia un percorso fra l’origine e il futuro senza perdersi in chiacchiere. Ha l’onestà di esporre le immagini che hanno connotato il nostro stile e che a noi risultano ormai insopportabili ( la Lambretta di Vacanze Romane o Liz Taylor con i suoi gioielli degni di Cleopatra) insieme all’evoluzione della sapienza costruttiva delle Sartorie romane e italiane, fino al trionfo dei grandi brand. Riesce a dare un ordine ad un sistema che noi ancora non riusciamo a promuovere nel modo giusto, non a caso la Mostra l’hanno fatta loro e noi no, e a sintetizzare magistralmente in un concetto il made in Italy: in uno dei pannelli didascalici c’è scritto che lo stilista italiano é “More nuanced” …credo che questo descriva bene tutta la creatività italiana. “The Glamour of Italian Fashion 1945- 2014” racconta un periodo lungo, da crisi a crisi si potrebbe dire: dal sostegno frutto di una resa incondizionata degli americani con il piano Marshall, all’intelligenza imprenditoriale di Giorgini che con la sua famosa sfilata del 1951 alla Sala Bianca di Firenze da il via alla libertà creativa dei nostri Sarti, fino al glamour contemporaneo che ancora regala lustro al nostro paese in un periodo storico difficilissimo. E’ reso chiaro come tanto di quel glamour passi attraverso il cinema grazie soprattutto a chi faceva a Roma abiti per dive e divi, sicuramente meno cari di quelli francesi e in un clima di Hollywood sul Tevere che metteva allegria senza imporre formalismi. Bulgari é lo sponsor perfetto per una storia tanto legata all’ heritage, emblema del lusso ma anche della capacità artigianale italiana, in mostra espone un gioiello leggendario fatto per la Taylor. Poco ma simbolico spazio all’epoca moderna, quella dagli anni 70 ad oggi, ma la scelta é ragionata, gli elementi sulla costruzione, il taglio, la ricerca e la creazione ci sono tutti. Dicevo da crisi a crisi ma mi verrebbe da dire anche da sartine a sartine guardando le immagini più belle delle prime sale, quelle dei film come Cronaca di un Amore o le Ragazze di piazza di Spagna e il video che conclude la mostra dove si lamenta la mancanza di chi porterà avanti certe capacità artigianali….temo tanto che il messaggio sia soprattutto quello: il nostro é il fascino irresistibile dell’artigiano più che del couturier. Se c’è un messaggio e un suggerimento, cara amica, é quello di creare colti e preparati artigiani più che superficiali e impreparati stilisti.

Tua

Clara Tosi Pamphili ”

E ancora una volta grazie Clara!

 

Torino in testa.

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Bello.

Ben pochi hanno idea di quali siano le caratteristiche della tipica signora torinese. Va innanzitutto detto che lei non è quella che sgomita per mettersi sotto i riflettori, né si ‘concia’ o esagera giusto per apparire.

Difficilmente sarà una fashion-victim, ancora più raramente si piegherà ai diktat dell’ultima tendenza. L’aplomb sabaudo per certi versi somiglia a quello inglese: un misto di autocontrollo con lampi di eccentricità inaspettati. Forse qualcuno dimentica che Torino è stata la capitale della moda italiana molto tempo prima che Milano si sognasse la fashion week. E che le sartorie e le modisterie torinesi erano eccellenze riconosciute. Questa è storia e la storia determina anche il pedigree..

L’altra sera all’inaugurazione a Palazzo Madama di Chapeau, Madame c’erano signore di ogni età, che per l’occasione non si sono fatte pregare e hanno tirato fuori dalle cappelliere i loro copricapi più individualisti. Tra civetteria e ironia.

Qualcuna è arrivata in scooter e, tolto il casco e il giubbino anti-vento, si è trasformata così: ???????

 

Qualcun’altra è arrivata a piedi e con l’aria algida da regina si è fatta i tre piani a piedi per raggiungere la location della mostra e alla fine appariva così: ???????

 

Altre sono arrivate in bici, con i loro cappellini al vento, come lei: ???????

 

Altre ancora, sdegnosamente, hanno preso l’ascensore, e giravano con il naso in su: ???????

 

Ad accoglierle tutte all’ingresso c’era lei: ???????

 

E per finire, quello che c’era dentro ad aspettarle non era niente male.. ??????? ??????? ??????? ???????