The real, new Dandies.

Bello.

Giorni fa, a scuola, un allievo mi ha chiesto chi fossero oggi i discendenti dei dandies ottocenteschi. Ho dovuto ammettere in quel momento che non me ne veniva in mente nessuno. Leggendo le gesta di Beau Brummel che era maniacalmente attento a ogni singolo, minuscolo dettaglio e allo stesso tempo considerava il suo agire come una filosofia di vita, oltre che una scelta estetica, riflettevo sul fatto che in confronto i pavoni contemporanei mi paiono ben poca cosa.

Ma non avevo preso in considerazioni i Sapeurs  (adepti della SAPE, Société des Ambienceurs et des Personnes Elégantes).

Eccoli i nuovi, veri dandies. Che sfidano il tempo, il luogo, le circostanze, tutto in nome della bellezza. E possiamo facilmente immaginare che non sia una cosa affatto facile, né priva di conseguenze (e credo non sia un caso se dal francese sapeurs si può tradurre anche come “guastatori”).  D’altra parte il movimento nacque come atto di disobbedienza civile durante il regime di Mobutu Sese Seko.

Basta ascoltare le loro parole.

I nuovi pavoni.

pavoni 1

pavoni 2

pavoni 3

Brutto?

Se negli anni ’60 la cosiddetta rivoluzione dei pavoni aveva un significato dirompente  perchè nuovo era il mondo a cui si affacciavano, oggi i moderni piumati provvisti di ruota al seguito mi lasciano interdetta per la vacuità di cui fanno sfoggio.

Non si sottrae alcuno: giornalisti noti e meno noti, amatori del gossip, frequentatori abituali del fashion-universe, buyers o compratori all’ingrosso, fotografi per professione o per passione, blog-addicted e financo passanti occasionali.

Ognuno di loro ha in serbo una ‘visione’ del guardaroba del moderno dandy. Fanno furore le barbe, i papillon e le giacchine striminzite, così come le caviglie in bella vista e le borse a mano. Ma in fondo non c’è nulla che sia veramente out, basta l’atteggiamento giusto, la posa indifferente, l’aria indaffarata o svagata.

La schiera dei giornalisti si distingue per quel piglio un po’ blasè, un classico rivisitato con tocchi di altri tempi, che fa tanto nouvelle intellectuelle. Qualcuno si rivolge alla sfera mistica: tessuti ruvidi come cilici e aplomb monacale, di solito azzimati come scolaretti.  Mentre i fashionistas accaniti sfoggiano colori accesi e un’estetica decisamente più queer. Sono i più coraggiosi (hanno meno da perdere), ma anche quelli che più facilmente scivolano fuori dal giro. Riconoscibili per il troppo voler fare, tanto da essere tacciati per quelli che arraffano a casaccio dall’armadio.

Poi ci sono i fotografi e i blogger muniti di obiettivo, che spiccano per falsa nonchalance con i loro abiti stropicciati a dovere, molto street, un poco sport, temo anche un po’ puzzolenti (ma è tutto calcolato).

Nessuno di loro inventa davvero qualcosa per il piacere di rompere le righe. Si fanno immortalare con sicuro autocompiacimento, a volte sornione, a volte evidente. Pubblicano volentieri questi scatti ‘rubati’, come stellette al valore. Ma di quale valore si tratta?  Essere riconoscibili, essere portati a esempio di nuova tendenza. Essere semplicemente.

Perchè per loro l’abito fa il monaco, eccome!

p.s. Immagini prese da The Sartorialist, l’Eden del pavone.