La stagione dei pastelli.

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Bello.

Si chiama Xiao Li, è cinese ma ha studiato a Londra, dove al termine degli studi ha presentato questa collezione che non è passata inosservata.

Per la sua visione del futuro la designer utilizza silicone stampato che imita la maglieria e grazie anche a quei colori pastello assume un’aria tutt’altro che fantascientifica.

L’ispirazione evidente a Balenciaga è un altro punto a favore di Xiao Li, che ama effetti scultorei e volumi pieni ma anche aerei.

La sua bravura non è sfuggita a quel volpone di Renzo Rosso che, dopo averle assegnato un premio se l’è accaparrata per il suo team.

Diesel: punto a capo (e ritorno) – Guerrieri di un coraggio piccolo.

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Brutto?

Pochi giorni fa Diesel ha festeggiato i 35 anni del marchio con una sfilata/show e un party esclusivo (tenete a mente l’aggettivo perché in questa storia nulla è come appare). Il parterre era affollato di vip in odore di trasgressione (!): Courtney Love, Asia Argento, Marracash..  L’evento non si è fatto mancare nulla: video artistico di Nick Knight, performance canora della rapper Brooke Candy condita da esibizione del seno nudo (massima trasgressione!).

In passerella sfilavano 100 ragazzi che ribadivano i tre ‘pilastri’ del marchio Diesel: pelle Rock’n Roll, denim e militare. Durante la sfilata non sono nemmeno mancate le trovate scenografiche: passamontagna con le orecchie di Topolino o creste punk e musica a palla. Insomma una bella abbuffata di stimoli sonori e visivi orchestrata dalla mano del nuovo direttore artistico del marchio, Nicola Formichetti, che, a detta di tutti i giornalisti, vanta come culmine del suo curriculum l’aver vestito Lady Gaga. E questo, a mio avviso, spiega già molto.

Formichetti racconta che con questo spettacolo si dà l’avvio a una nuova identità del marchio che d’ora in poi vuole essere una alternativa moderna e democratica al mondo del lusso oggi troppo inflazionato. E qui torna utile ricordarsi del termine “esclusivo” che con democratico fa un po’ a cazzotti. In passerella sfilano i soliti pezzi street-style che siamo ormai abituati a vedere addosso ai ragazzi di ogni città del mondo. Ma Renzo Rosso spiega che l’obiettivo è quello di rendere riconoscibile il marchio, con un Dna preciso. Quindi più un’operazione concettuale che di rinnovamento dello stile. Peccato che il risultato stilistico a me pare piuttosto commerciale; e tra concettuale e commerciale l’unico punto in comune è l’iniziale.  D’altra parte l’intento democratico e i rimandi a storie come quelle delle Pussy Riot o degli ambientalisti stonano non poco con la scelta della location in Laguna, luogo che mi fa pensare a ben altre storie e atmosfere.

Di contraddizione in contraddizione finisco con il guardare gli abiti. Me li immagino appesi alle grucce, finito lo spettacolo, spente le luci e la musica assordante.  Ecco, il punto è che tolto tutto il chiasso mi sembra che rimanga il solito armamentario di pezzi già visti, che restano certo attuali perché costituiscono ormai praticamente un classico.

Ma pretendo troppo se da un creativo che ha fama di grande eclettismo mi aspettavo di più?