Balmain
Zuhair Murad
Valentino
Viktor & Rolf
Jean Paul Gaultier
Givenchy
Alexandre Vauthier
Bello?
Haute couture primavera/estate 2019 (quando Balmain e Viktor&Rolf mi fanno rimpiangere Krizia).
Balmain
Zuhair Murad
Valentino
Viktor & Rolf
Jean Paul Gaultier
Givenchy
Alexandre Vauthier
Bello?
Haute couture primavera/estate 2019 (quando Balmain e Viktor&Rolf mi fanno rimpiangere Krizia).
Bello.
Moncler 1 di Pierpaolo Piccioli, collezione autunno/inverno 2018-19.
Peccato che il comunicato stampa relativo a questo nuovo corso di Moncler sia praticamente incomprensibile (leggere per credere). Anche perchè credo che non ci fosse bisogno di tutte quelle parole attorcigliate su se stesse, e di quel finto e ostentato intellettualismo. In fondo questo progetto parla da solo e sarà bene che chi produce vestiti cominci a fidarsi un po’ di più delle mani di chi fa piuttosto che degli inutili concetti di chi vende aria fritta.
Gli abiti sono pezzi di storie oltre che coperture per il corpo, su questo non si discute, ma quale dei nostri sensi è sollecitato per primo davanti ad un abito?
Signori, servirà ripetere per l’ennesima volta che non siamo di fronte ad un’opera d’arte (e perdipiù questa cosa dello “storytelling” deve avervi preso la mano).
Mario Dice.
Missoni.
Laura Biagiotti
Blumarine.
Bottega Veneta.
Bello?
E’ vero che con la semplicità non si sbaglia (quasi) mai, è anche vero però che oggi a far cose semplici ci vuole qualche grammo di coraggio in più.
Fausto Puglisi
Gucci.
Philipp Plein.
N° 21.
Roberto Cavalli.
Alberta Ferretti.
Wunderkind.
Brutto.
Nel 1961 Piero Manzoni mise in vendita 90 scatolette numerate e da lui firmate che valevano quanto l’oro (in base alla quotazione del momento). L’opera d’arte si chiamava Merda d’artista e ogni scatoletta conteneva, per l’appunto, merda.
“Operazione concettuale, autentica bomba a mano di natura post-dadaista. Oggetto duchampiano che crea un cortocircuito doppio, provocando sconcerto attraverso il ribaltamento della natura del contenuto, che viene poi lanciato nelle gallerie come opera d’arte..”.
Queste sono solo alcune delle definizioni che i critici si ingegnarono di trovare. Il gesto era quanto mai interessante e in fin dei conti dimostrava che anche la merda può essere venduta a peso d’oro.
Bello.
Se anche Lagerfeld per Chanel si accorge che la sartoria è il luogo della modernità e dell’eccellenza, vuoi vedere che pure fare il sarto diventa un mestiere cool?
La collezione alta moda che viene mostrata mentre le sarte sono al lavoro, è esemplare in questo senso: tutta giocata su rigore sartoriale, lavorazioni artigianali e bei tessuti.
Per ribadire che il lusso nasce in atelier.
Brutto
Balenciaga autunno inverno 2016/17.
E dopo aver visto l’ultimo scempio di Demna Gvasalia su di un marchio storico a me particolarmente caro, il sospetto si tramuta in qualcosa di più. Penso che sia stato messo in mano a un’orda di giovani e fanatici dell’assemblaggio compulsivo un giocattolo troppo complesso e prezioso. Ecco la nuova generazione di stylist, poco credibili come stilisti, del tutto improbabili come couturier (ma non chiediamo tanto).
Il rischio è sotto i nostri occhi: il giocattolo rischia di rompersi.
Cristobal Balenciaga era colui che Dior (non certo prodigo di lodi) definiva il maestro di tutti noi, e in effetti la perfezione dei suoi abiti era parte fondamentale del suo stare nella moda, insieme a tutto il resto.
Alla luce di questo mi chiedo, ma non era l’heritage dei marchi storici uno dei valori più cospicui, da difendere ad ogni costo? Mi sorge il dubbio che si sia preso un abbaglio, scambiando per storia il vintage dei mercatini del bric-à-brac.
Il disegno appare chiaro, come al solito la tendenza è quella che conta e se la tendenza porta soldi, allora si plaude al genio. Infatti già dopo la sfilata si è parlato di successo. Dando per scontato che lo stilista porterà nelle casse del marchio gli stessi soldoni che sembra aver fatto con Vetements. Eppure i commentatori di settore dovrebbero saperlo che non stiamo parlando dello stesso pubblico..
Brutto.
Vetements, collezione autunno inverno 2016/17.
Ora capisco perché questo marchio è stata tra i primi a votarsi alla moda pronta.
Non c’è dubbio che l’attenzione per la vestibilità e la modellistica accurata non siano tra le massime preoccupazioni del gruppo. E questo certo facilita, e non poco, il processo produttivo. Oltretutto anche il concetto di taglia sembra essere abbastanza vago. Un altro punto in favore del see now buy now.
Tutti motivi per sveltire il lavoro. Sarà questa la soluzione?
Bello??
Ecco trovata la soluzione al dilemma.
Che ce ne facciamo delle sfilate che, da più parti, ci dicono essere diventate obsolete? Semplice, le facciamo diventare uno spettacolo a pagamento.
Leggo da Pambianco News che la novità è già in atto, perlomeno in quel di New York. I biglietti vanno via come il pane, tanto che si stanno già mettendo in prevendita gli show di settembre. E non pensate che i ricavi siano di poco conto, visto che si parla di cifre che arrivano anche a 3.500 euro a persona (comprensivi di visita nel backstage e stretta di mano allo stilista).
Pensare che la soluzione era così lampante, con tutti quei parvenue pronti a dar via un rene pur di presenziare alla sfilata dello stilista di grido. E d’altra parte si può supporre che gli anglosassoni ci siano arrivati per primi grazie anche al fatto che un aiutino per loro era già nel nome: show.
Presumo però che il business renderà meno appetibili gli agognati inviti. Immaginate la Wintour attorniata da una folla di fan paganti e così poco professionali..