Una piccola rivoluzione.

bellanova

Bello.

Teresa Bellanova, nuovo ministro dell’agricoltura, è stata aspramente criticata e offesa da più parti. Non è piaciuto il suo fisico, i suoi titoli di studio, ma più di tutto non sono piaciuti i suoi abiti.

Cosa c’è che non va in quegli abiti, giudicati persino indecenti?* Sul termine un ripasso è necessario.

A sentire i detrattori non va il colore, la foggia e neppure gli accessori abbinati (vedi le scarpe giudicate troppo a punta). Insomma tutti elementi opinabili poichè dipendenti dal gusto personale.  Esistono per caso disciplinari inoppugnabili di ciò che è opportuno o non opportuno indossare in base alla taglia e alla tipologia di fisico?

E’ evidente che i motivi di tanto astio sono altrove, ma io qui vorrei analizzare i fatti in modo scientifico. Partiamo dal colore: un bluette carico che mi sembra leghi bene con la sua carnagione e con il colore dei capelli. Un colore acceso, ma non sfacciato, della famiglia dei blu e quindi di fascia classica.

Poi c’è la foggia dell’abito: un trapezio con l’unica decorazione di una fila di pieghe libere orizzontali su tutta la lunghezza dell’abito. Fin qui forse l’appunto che si potrebbe fare è che le righe o gli elementi orizzontali rischiano di allargare la figura. Le maniche sono a campana con un taglio centrale che lascia scoperta una piccola porzione di pelle (sarà questo l’elemento indecente?).

Passiamo al fisico del ministro. E’ chiaro che la signora rientra nel gruppo di quelle che oggi vengono chiamate curvy. Una tipologia di fisico femminile per cui da ormai molto tempo si è smesso di consigliare abiti punitivi tendenti a nascondere piuttosto che a valorizzare. Sono state promosse iniziative, dibattiti, campagne perchè si cominciasse finalmente a considerare le caratteristiche fisiche tutte egualmente apprezzabili. Se n’è accorta persino la pubblicità e non da ultimo le riviste (ricordo un numero di quel regno della magrezza che è Vogue, tutto dedicato alle curvy). Se ne è accorto il mercato, che ha astutamente annusato l’affare, producendo (evviva!) linee che non si fermano più alla sola taglia 46.

Invece, a quanto pare, i social no, non se ne sono ancora accorti.  Per questo motivo una signora di 61 anni con un fisico morbido dovrebbe meritare giudizi feroci o addirittura la pubblica gogna.

Ma la circostanza che più di tutte mi fa andare oltre a tutte queste considerazioni, che sono comunque dati di fatto, è un’altra.  Sto parlando del sorriso.

Una donna con un sorriso simile, per me può indossare davvero qualsiasi abito. Nulla le può star male, nulla può scalfire quel modo di guardare al mondo e quindi a se stessa, che è poi il rimando che il mondo le restituisce. Solo gli invidiosi o i poveri di spirito non vedono. Solo chi non ha altro che un confine troppo vicino non è toccato da quel sorriso che è una piccola rivoluzione.

 

* Dal vocabolario Treccani: indecènte agg. [dal lat. indĕcensentis, comp. di in2 e decens «decente»]. – 1. Che offende la decenza e il pudore: contegno, atteggiamento i.; discorsi, parole, espressioni i.; un abbigliamento, una scollatura i.; anche riferito alla persona: sei davvero i. vestita così. 2. Che offende il decoro, la dignità, la convenienza perché sudicio, disordinato, trasandato, o perché d’infima qualità e sim.:

 

Giorgina e l’anima della moda.

giorgina

Bello.

Poco tempo fa ho avuto il piacere di fare una lunghissima chiacchierata con Giorgina Siviero, proprietaria e anima di San Carlo dal 1973, raffinato store e punto di riferimento della moda torinese. L’input è nato proprio da questo blog, che Giorgina ha scoperto e apprezzato, tanto da desiderare di incontrarmi personalmente (un atteggiamento di apertura e curiosità decisamente raro, soprattutto di questi tempi). La nostra conoscenza è iniziata in una sera di Luglio eccezionalmente fresca grazie a uno di quei temporali estivi che rendono l’aria e l’atmosfera così silenziose e sospese da apparire simili ad un acquerello appena steso. Il luogo perfetto è stato il ristorante Del Cambio, affacciato su una delle piazze torinesi più suggestive (piazza Carignano).

Tra una portata e l’altra io e Giorgina ci siamo raccontate di figli, libri, luoghi, ma soprattutto di moda. Ho trovato in lei l’interlocutrice ideale con cui scambiare opinioni e riflessioni su di un sistema che corre ormai alla velocità della luce: i suoi racconti e i suoi tantissimi preziosi ricordi mi hanno incantata e non vedo l’ora di ascoltarne ancora..

Ho riconosciuto nel suo approccio, quel sano senso critico che mi sforzo di infondere in questo blog.  Abbiamo inoltre sparso i primi semi per una collaborazione a un progetto che le sta particolarmente a cuore e che io trovo entusiasmante. Spero di poterlo raccontare a breve.

In seguito, approfittando della sua lunga esperienza sul campo, le ho proposto una breve intervista su moda e dintorni e lei, con la spontaneità e l’understatement  che la distinguono, ha accettato:

Come definiresti il tuo essere “against-fashion”?

“Premetto che io sono contro la moda inutile, improbabile, ignorante, cioè quella che ignora che il corpo di una donna ha una sezione aurea per cui e’ il vestito che deve adattarsi a questo e non viceversa.  Chi disegna moda deve tener conto di questo, perché un vestito risulti armonioso, elegante e comodo da portare; affinché una donna si senta disinvolta, bella quindi sicura di se.  La moda che non tiene conto di queste regole non è moda.  La moda che non scende in strada non è moda. La moda che non tiene conto del fatto che una donna quando si compra un vestito vuole imbellirsi, evidenziando le parti migliori e se possibile occultare quelle meno felici, e’ una moda nata già morta.  La moda non e’ arte: questa quasi sempre nasce brutta e solo col tempo diventa bella.  Nella moda avviene esattamente il contrario.  E’ inutile fare proclami contrari, cioè cercare di imporre una moda brutta.  Se la moda non e’ bella in partenza, sarà brutta fino alla fine.  Cioè subito. Ecco, in sintesi io sono solo contro la moda che va contro queste regole basilari.  Altrimenti evviva la moda!”

Che cosa pensi dell’ingresso dei social sulla scena della moda?

“Il nostro incontro e’ già una risposta alla tua domanda. Sicuramente la diffusione delle notizie che riguardano la moda e la condivisione di queste con il mondo in tempo reale e’ di vitale importanza e se questi mezzi vengono usati con intelligenza offrono un grande aiuto per creare scambi di idee e generare nuove opportunità di lavoro nell’industria della moda e in tutto ciò che ruota intorno a questa”

Quanto conta oggi la creatività nella realizzazione di una collezione?

“Conterebbe tanto, ma dov’è la creatività oggi?  Oggi la regola è quella di ingigantire le forme, esagerare i volumi, immettere dettagli inutili, se non addirittura peggiorativi.  Oggi lo stilista crede che creatività equivalga a esagerazione.  In sostanza, può darsi che la creatività, in senso oggettivo, oggi non esista.  E’ troppo legata a fattori economici e viene strangolata dalle logiche di mercato.  C’è poi da dire che una volta lo stesso stilista disegnava per una clientela ben definita, adesso deve disegnare per il mondo, come fa?  Per cui io attualmente non so più cosa significhi esattamente questo termine…”.

Poco più di un anno fa, Li Edelkoort, considerata una delle più accreditate trend watchers a livello mondiale, ha proclamato che la moda, così come l’avevamo conosciuta fino ad oggi, è morta. Cosa ne pensi?

“Ha ragione.  Gli abiti che vengono proposti, non sai più per chi sono pensati, a chi potrebbero andare bene…  Io, da addetta ai lavori, dico: -Che bello!…  Ma adesso, a chi lo vendiamo?…-.  Ha ragione, la moda è stata ridotta a semplice merce, direi persino “merce di contrabbando”!  Là dove invece era poesia, magia per rendere più belle le donne.  Oggi la tendenza è opposta, tende addirittura al brutto. Questo dice tutto”.

Infine, a che punto siamo oggi in Italia rispetto all’acquisizione del concetto che moda è anche un fatto di cultura (vedi scuole, fondazioni, musei, mostre, ecc.)?

“Certo che se valuto il concetto di cultura che circola oggi… devo pensare che il livello è molto basso!  Spero che non sia così anche per la moda.  Per esperienza personale però, ho verificato che le stesse istituzioni non sono spesso pronte a ricevere donazioni di oggetti o documenti inerenti la storia della moda, qui in Italia.  Io mi auguro che nascano davvero scuole capaci di insegnare ai ragazzi che cosa è stata la moda nel passato, perchè possano finalmente tornare a immaginare vestiti coerenti con il corpo delle donne”.