Il lusso democratico che svende anche i sogni.

valli e h&m

Brutto.

Nuova collaborazione per H&M, questa volta si tratta di Giambattista Valli, uno stilista che ai suoi esordi mi aveva fatto spendere parole di grande apprezzamento per la sua moda lussuosa ma non opulenta. Poi sembra si sia fatto prendere dalla “sindrome da principessa perenne” e annaspando tra nuvole di tulle, ha preso una direzione che non mi ha convinto.

Riguardo alla collaborazione con il colosso della moda usa e getta, Valli conferma che si tratta di una proposta oltraggiosa*, ma pare che l’oltraggio si sia trasformato in complimento. Potere dei mutamenti della lingua o del vil denaro?

Poi lo stilista si dilunga in un’analisi del mercato e delle tendenze e dice:

“La moda spesso è asfittica, ragiona solo per tendenze e correnti. Non capisce che la gente vuole il sogno, di quello che viene definito trendy non gliene importa più di tanto. Vuole l’abito che Rihanna aveva ai Grammy, vestirsi come Amal Clooney o Charlotte Casiraghi. So bene di cosa parlo, il mio mondo si basa su questo. E con H&M ora è alla portata di tutte”.

Bene (si fa per dire), mi sento di aggiungere solo che se il sogno è un abito di una catena low cost, allora diciamolo che è un sogno da quattro soldi.

 

*Trovo sia un bellissimo complimento il fatto che H&M mi abbia proposto qualcosa di così oltraggioso…(…). G. Valli

God save fashion!

fashion is dead

Brutto.

Li Edelkoort è annoverata tra le 25 persone più influenti nel comparto moda – continuo a chiedermi come e perché riescano a fare queste stime- in ogni caso è innegabile che sia una attenta e puntuale osservatrice di tendenze.

Al Design Indaba 2015 ha annunciato senza mezzi termini la dipartita della moda, così come noi la conosciamo. E ha elencato uno dietro l’altro i motivi che hanno portato a questo decesso:

-Educazione, o meglio mancanza di educazione vera per le nuove leve di designer.

-Perdita di competenze nel tessile.

-Incapacità del sistema e degli operatori di prendersi carico del problema dello   sfruttamento delle persone addette alla produzione.

-Rapporti, fin troppo compiacenti, tra case di moda, riviste e blogger (ossia una totale mancanza di pensiero critico).

-Marketing avido e cieco.

Quello che soprattutto denuncia la Edelkoort, è che la moda ha smesso di essere in comunicazione con ciò che succede nel mondo e con ciò che vogliono le persone. Non era mai successo prima: la moda è sempre stata lo specchio della storia e dei cambiamenti di costume e questa capacità le restituiva una funzione necessaria; direi che alimentava la parte sana del sistema.

C’è un passo dell’intervista che mi pare illuminante:

“Fashion shows are becoming ridiculous: 12 minutes long, 45 minutes driving, 25 minutes waiting. Nobody watches them any more. The editors are just on their phones; nobody gets carried away by it.”

Le sfilate sono diventate obsolete da molto tempo, eppure gli addetti ai lavori continuano a presentarle nello stesso modo, con le stesse noiose abitudini. Persino gli stessi sciocchi inconvenienti dell’ultimo minuto. Sorge il dubbio, che è una quasi certezza, che tutto serva ormai a deliziare solo la folla di appassionati che farebbero carte false pur di possedere quegli imperdibili inviti. Un sistema che si alimenta solo più grazie alla egocentrica visione di se stesso.

Un sistema ipocrita fino in fondo, visto che ormai la messa in onda in streaming cancella persino l’utilità reale della presenza in loco. Eppure ci sono fior di giornalisti che difendono il loro diritto ad esserci, aggrappandosi alla necessità di godere dal vivo il phatos di quei 12 minuti. Come se ogni sfilata fosse uno spettacolo, cosa che non è ormai, se non in rarissimi casi.

Li Edelkoort rincara ancora la dose quando dice che la moda è diventata solo una ridicola e patetica parodia di ciò che è stata e che l’unica strada è quella di concentrarsi finalmente solo sugli abiti.

Aggiungo io che la moda è morta perché non solo sono scomparsi i couturiers e i designer, ma latitano persino i direttori creativi.  Abbondano invece gli stylist, buoni a mettere insieme pezzi di qualcun altro.

Concentrarsi finalmente solo sugli abiti sarebbe una dieta necessaria. Dal canto mio non potrei essere più d’accordo: credo che la sua anti-fashion faccia il pari con il mio against-fashion; anche se penso che questo grido di dolore arrivi con un certo ritardo, in un sistema ormai talmente compatto che solo una deflagrazione interna potrebbe scalfire.

E’ probabile che il fondo del barile non sia stato ancora raschiato.