Bello.
La sfilata sull’Acropoli non ci sarà. Nonostante i milioni di euro che sembra aver offerto la casa Gucci, il Kas (Consiglio centrale archeologico greco) ha risposto con un no categorico.
E, devo ammetterlo, la cosa di istinto mi fa sorridere non poco. Si è discusso sull’opportunità di rifiutare, vista la disastrosa situazione finanziaria della Grecia, poi sul fatto che in passato era stata concessa già ad altri brand (vedi Coca Cola, ma anche Dior in un lontano 1951) la possibilità di sfruttare questo scenario eccezionale, ma nonostante questo io continuo a sorridere.
Sarà perchè apprezzo quel pizzico di sana follia che predilige l’orgoglio alla logica degli affari, sarà perchè mi piace pensare che davvero ancora esista qualcosa che non si possa comprare, in ogni caso credo che la possibilità di dire no a dispetto di tutto, sia ancora una delle pochissime autentiche libertà che ci appartengono e che vadano saldamente difese.
Sui dettagli dell’offerta e del rifiuto in realtà sappiamo ben poco, quindi possiamo solo fare congetture. Però immagino che quel no sia stato mal digerito dai ricchissimi proprietari della casa di moda, che prontamente si sono affrettati a smentire notizie su offerte in denaro trapelate sui giornali. Certo bisognerà pur rendersi conto che qui la moda non c’entra nulla, creativamente parlando. E’ in atto semplicemente un gioco al rialzo tra le case di moda che se lo possono permettere: se Chanel ha sfilato a Cuba e Fendi sulla Fontana di Trevi e via dicendo, allora vince chi fa il botto più rumoroso.
E’ il business che ingloba tutto, riducendo tutto a semplice accessorio, anche l’Acropoli. Contro questa logica io trovo che quel no sia stato assolutamente appropriato.
Non mi piace questa modalità di usare luoghi, storie, simboli per arricchire il proprio universo; non è tanto un modo per rafforzare un’idea, quanto piuttosto la sola spettacolarizzazione di quel concetto, che poi diventa fine a se stessa. Mi resta il dubbio di quanto debole sia in realtà quell’idea.
La logica è quella per cui non vincono le idee proprie, vince piuttosto la potenza di un progetto collaudato e indiscutibile, prodotto da altri. Un’immagine che basta da sola a illuminare qualsiasi cosa si presenti o quasi. Costi quel che costi.