Bello..
Cosa rimane in questa ultima collezione dello spirito di Martin Margiela?
Qualche sbiadito ricordo: i polsini sovradimensionati, qualche accenno over. Particolari.
Gli abiti sono belli, vendibili, armoniosi. C’è anche l’ispirazione al guardaroba maschile (ma non unisex, cavallo di battaglia di Margiela).
Un altro segno dei tempi che cambiano. Via le esasperazioni, largo alla concretezza. (E’ chiaro che la trasformazione era in atto già da tempo, dopo l’acquisizione di Renzo Rosso e l’ultima capsule/reliquia per H&M).
Devo essere sincera, lo stile concettuale non mi ha mai davvero convinta. Troppo freddo, distante dal mio spirito mediterraneo. Ciò nonostante lo guardavo con un certo interesse; era ,ed è, una corrente di tutto rispetto. Credo sia stato il tentativo di dare una risposta personale, in un momento particolare, a un certo modo di fare moda. Un modo che io pure non condivido. Quello che non mi convinceva era che anche questa risposta personale, a un certo punto, è diventata un clichè. Direi addirittura un gesto snob.
C’erano poi i seguaci della setta, che si contendevano l’ultimo oggetto cult (che solo loro potevano capire), quelli proprio non li ho mai potuti soffrire. Mi piacerebbe sentire adesso le loro impressioni.
Ad essere sincera sono un pò interdetta. Non so se essere contenta di questo cambiamento. In fondo le esasperazioni sono il frutto di un pensiero forte (di solito). Può anche essere, però, che quel pensiero forte si sia perso per strada e ne fosse rimasto solo il fantasma. A questo punto il cerchio si chiude e lo stilista-fantasma si riappropria del suo pensiero-fantasma.