Le mille e una fiere della vanità.

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Bello?

Si è appena concluso un fine settimana densissimo a Torino, in termini di arte e design. Sembra che tutti siano venuti da queste parti per dire almeno di esserci stati. Hanno guardato frettolosamente qualcosa e poi se ne sono andati velocemente, così come erano arrivati. Di solito quel qualcosa si chiamava Artissima (certo che venire a Torino solo per vedere questa fiera è davvero impensabile..).

Io invece quest’anno Artissima me lo sono persa; che se la sorbiscano i soliti presenzialisti.  Che noia questo salone che non mi riserva più alcuna emozione, ma solo un gran mal di testa!

Ho partecipato invece a un workshop a Operae. Il workshop era interessante, mentre la rassegna molto meno. C’è in giro troppa fame di auto-affermazione e troppe poche idee utili: ma il design non doveva servire innanzitutto a soddisfare bisogni reali? Mi è sembrato di vedere molta arte applicata e poco design, ma allora diamo alla rassegna la definizione giusta. Il che non sarebbe affatto male, visto che un salone dell’arte applicata non lo fa ancora nessuno..

Poi ho fatto un giro a Paratissima, che conferma la propria missione di mettere insieme in maniera confusa e democratica l’alto con il basso, il mercatino del bric-a-brac con l’arte, i dilettanti con i professionisti. Insomma un gran casino.

Tutto questo mi è bastato. Certo mi sarò persa qualche altra interessantissima cosa, ma la città in questa stagione offre visioni meravigliose che non si trovano in luoghi chiusi e ogni tanto bisogna ricordarsi semplicemente di respirare.

 

 

Le ragioni del successo.

moschino 2015

Brutto.

Non è vero che se hai talento ce la fai sempre. Lo leggi spesso nelle interviste, ma perlopiù si tratta di quelli che sono arrivati dove volevano e nell’impeto dell’onda di successo che li travolge e li gratifica, si regalano le ragioni giuste per essere riusciti a farcela. Fingono, tra l’altro, di elargire speranze alla folla che sta sotto e scalcita per arrivare lassù.

Il talento può essere anche una condanna, quando non trova il canale per esprimersi. Produce l’impossibilità di non tenerne conto, di scrollarselo di dosso e fare come non ci fosse. Mette di fronte a scelte azzardate e produce quasi sempre frustrazione.

Conosco molte persone di sicuro talento che non hanno ricevuto mai un’occasione. Al contrario, qualcuno ha messo loro davanti continui ostacoli. Si, perché il talento vero produce anche invidie, da parte di chi ne ha meno, ma in compenso ha più occasioni.

Spesso poi quelli che ce l’hanno fatta godono di un bonus, ossia il loro talento è sopravvalutato.

In questa epoca di contatti e relazioni più o meno virtuali, sembra che il vero e unico talento che conta sia quello relativo al marketing di se stessi. Questo spiega il proliferare di corsi, workshop e lezioni volanti che dovrebbero insegnare in poche parole a “vendersi” al meglio.  La moneta di ritorno poi è sempre la solita: visibilità.

Perché se non sei visibile, allora non c’è talento che tenga.

Cosa ne facciamo quindi di quei talenti introversi e magari timidi, poco portati per l’auto-celebrazione e con scarso narcisismo? E di quelli che non hanno alcuna intenzione di diventare i cartelloni pubblicitari di se stessi e si piacciono così come sono?  Conosco già la risposta dei più scafati:  peggio per loro.

Già, ma anche per noi che ce li perderemo.