Trasgressioni di classicità. (Working . Classic II).

 

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Bello.

Gareth Pugh, autunno inverno 2016/17.  Davvero siamo arrivati al punto che per trasgredire si deve tornare al classico?  Evidentemente è questa la strada intrapresa da Pugh, che ci ha abituati in passato a uno stile pungente.

Dopo aver sperimentato fuori dagli schemi ed essersi tolto un bel po’ di curiosità sull’estetica più oscura, ecco il nuovo corso di questo stilista, già inaugurato da qualche stagione.  Quello che rimane delle passate esplorazioni sono quasi sempre le maschere, il maquillage estremo (in questo caso fatto di pseudo innesti sugli zigomi).

Lavorare sul classico non è così scontato per un creativo di 34 anni; a dire il vero non dovrebbe essere scontato mai.

Mi lascia sempre piacevolmente stupita questa predisposizione degli stilisti inglesi verso la sartorialità  più autentica, fatta delle essenziali dotazioni perché una giacca sia una vera giacca e così tutto il resto.  E questo fatto da solo è degno del massimo rispetto, ma Pugh aggiunge dettagli poco evidenti ma sostanziali.  Come i pannelli in sbieco o le stelline che fanno tanto anni ’80 in contrapposizione alle spalle e alle pettinature che ricordano invece i ’40 (riconoscendo tra l’altro le numerose assonanze tra i due periodi).

In un panorama di vestiti fatti da chi è all’affannosa ricerca di novità a poco prezzo, assemblando semplicemente cose già fatte, trovo molto più coraggioso chi ritorna sui suoi passi è dà una chance alla chiarezza.

 

Sylvio Giardina: tra innovazione e classicità.

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sylvio giardina the hip dress 1                                                       The Hip Dress – tribute to Elsa Schiaparelli

Bello.

Sylvio Giardina è uno stilista nato a Parigi ma con origini e formazione italiana. Formato alla scuola dell’alta moda romana: Gattinoni per la precisione, e queste sono esperienze che rimangono nel dna. Ma, come ho scritto più volte, l’alta moda non è completa là dove non c’è innovazione e sperimentazione e gli abiti di Giardina sono interessanti proprio perché scelgono la strada più difficile: quella della tensione verso il versante artistico.

Mischiare arte e moda è sempre una scelta azzardata, si cammina sul filo di lama: basta un niente per trasformare gli abiti in oggetti da museo o, al contrario, trasformare l’intento artistico in poca cosa. Ma non è questo il caso di Giardina, qui sembra che la scommessa sia vinta, siglata dall’affermazione: l’arte è l’ispirazione, la moda lo strumento.

Gli abiti che compongono l’ultima collezione sono dinamici, mescolano i consueti elementi sinuosi con pattern lucidi e tecnici. Tentano di trovare una nuova forma corporea, ma al contempo non negano il supporto; sembra quasi che in questo gioco di negazione e affermazione, mettano in luce una nuova plasticità.

Ma la cosa che più sorprende, dopo tutta questa complessità, è la semplicità con cui si immagina possano essere indossati.

Insomma abiti che dialogano con il corpo, in cerca di un equilibrio tanto difficile quanto infine possibile.

Umit Benan: un gentleman a Istanbul.

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Bello.

Mi occupo poco di moda maschile, come si può vedere dai miei post, ma la sfilata SS. 2014 di Umit Benan mi ha davvero conquistata.

Effendi si intitola la collezione ed è chiaramente un omaggio alle origini turche dello stilista. Un omaggio sentito ed emozionante, si intuisce.  L’eleganza che traspare è davvero insolita, a metà strada tra rimandi etnici e classicità.  L’etnico è ripulito da dettagli inutili, fino a diventare un quasi folklore minimalista, mentre per il classicismo la consulenza per Trussardi ha lasciato un segno ben evidente.

Bello anche il video che documenta la preparazione della sfilata, in un clima che appare disteso, quasi da festa turca.  Un bell’esempio di vita che traspare dagli abiti e abiti che raccontano uno stile di vita.